La mozione di sfiducia contro il sindaco di Gela, Domenico Messinese, presentata dal numero minimo di 12 consiglieri, non potrà essere discussa in aula perché uno dei proponenti ha ritirato la propria firma. Il presidente dell’assemblea, Alessandra Ascia, oggi ha dichiarato l’atto decaduto, e dunque non convocherà la prevista seduta straordinaria, entro il 28 ottobre, confortata dal parere dell’ufficio legale dell’assessorato regionale agli Enti locali, al quale si era rivolta.

Lo stesso organo della Regione ha definito inattuabile la possibilità di sostituire il consigliere che aveva ritirato la propria firma con un altro che intendeva aderire alla mozione.

Chi vuole insistere deve ripartire da zero, cioè raccogliere di nuovo le firme. Resta, dunque, in carica il sindaco eletto nella lista del M5s nel giugno del 2015 e “licenziato” appena sei mesi dopo da Beppe Grillo perché non si era ridotto lo stipendio e perché non aveva modificato il protocollo d’intesa con l’Eni sulla riconversione del petrolchimico.

A promuovere la mozione di sfiducia sono stati i suoi ex ‘amici’ pentastellati, seguiti da buona parte delle forze
rappresentate in consiglio. Non ha dato invece la propria adesione il Pd, che pur stando all’opposizione di questa giunta (rinnegata dal M5s e priva di consiglieri che la sostengano) ha sempre chiesto di rinviare a dopo le elezioni ogni dibattito su nuovi assetti amministrativi. Il dibattito continua perché alcune forze politiche minacciano ricorsi contro la decisione del presidente.