Anche la Sicilia ha la propria Stonehenge: studiosi hanno confermato l’alto valore storico e archeologico dell’antica Pietra-Calendario di Gela, risalente all’età del bronzo, scoperta nello scorso dicembre da alcuni ricercatori locali, appassionati di archeologia, a otto chilometri a nord della città.

“Si tratta di un monumento realizzato dall’uomo, modificando un lastrone di arenaria e orientando lo scavo del foro in modo che il sole sorga al suo centro all’alba del solstizio d’inverno”. Lo scrive, dopo un attento sopralluogo effettuato con un nutrito gruppo di esperti, il professore Vito Francesco Polcaro, archeo-astronomo dell’istituto di astrofisica e planetologia spaziali Inaf di Roma e del Centro studi astronomia e valorizzazione del patrimonio culturale di interesse astronomico (unità di ricerca dell’università di Ferrara).

“Allo scopo di verificare questa scoperta – si legge in un comunicato del gruppo scientifico – è stato organizzato un sopralluogo interdisciplinare, cui hanno preso parte anche Alberto Scuderi, vicepresidente nazionale dei gruppi archeologici d’Italia, Ferdinando Maurici, direttore del museo regionale di Terrasini, i membri del gruppo archeologico di Gela e scopritori del monumento, Giuseppe La Spina, Michele Curto, Mario Bracciaventi e Vincenzo Madonia, e il presidente regionale dell’Ordine dei geologi della Sicilia, Giuseppe Collura”. Proprio Collura “ha escluso che il foro possa essere un effetto della naturale attività erosiva”.

“Questa scoperta ha un’importanza notevole – scrive Polcaro – perché indica che l’uso di tali ‘calendari di pietra’, realizzati molto probabilmente nell’età del bronzo per evidenziare le date dei solstizi a scopo cronologico e cultuale, era diffusa su un area molto più vasta della Valle del Belice (dove si ammirano altre due pietre forate, ndr) e permette di avanzare motivate ipotesi sulla civiltà che li ha costruiti”.