E’ nella zona pedemontana dell’Etna che il clan ‘Laudani’ negli anni Novanta, è il braccio armato della famiglia mafiosa catanese dei ‘Santapaola’ dopo aver preso il posto della famiglia Pulvirenti, du ‘Malpassotu’.

Il clan, guidato da Giuseppe ‘Pippo’ Di Giacomo, oggi in carcere e condannato all’ergastolo, è stato coinvolto e protagonista in quegli anni di tre fatti criminali.

Nel 1993 l’attentato alla caserma dei carabinieri di Gravina di Catania, nel 1994 l’omicidio dell’ispettore di polizia penitenziaria Luigi Bodenza e nel 1995, l’assassinio dell’avvocato penalista misterbianchese Serafino Famà, assassinato a pochi passi dal suo studio in piazzale Michelangelo.

E nel momento di maggiore influenza che il clan Laudani poteva contare su una non indifferente ‘potenza’ di fuoco. Nell’arsenale in dotazione alla cosca c’erano anche due bazooka, acquistati nell’ex Jugoslavia.

Le due potenti armi da guerra avrebbero dovuto essere utilizzate per compiere delitti ‘eccellenti’: quello del pentito Antonino Corrado e dei magistrati Mario Amato e Amedeo Bertone della Dda di Catania che indagavano sugli affari della mafia in città.

I delitti ‘eccellenti’ non ci furono e un pentito, Alfio Lucio Giuffrida (detto Alfio a pipa) a far trovare ai carabinieri le armi e i bazooka in un garage di Viagrande in provincia di Catania.

br-far

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