Politica e giornalismo. Giornalisti e politica. Se il caso di Ismaele La Vardera sta tenendo banco e le conseguenze sono tutte da andare a decifrare, va ricordato che la Iena palermitana non era il solo candidato cronista a questa tornata elettorale.

Alle falde dell’Etna, infatti, nel comune catanese più popoloso chiamato alle urne, Paternò, c’è stato un giornalista che ha lottato fino all’ultima scheda per provare a vincere o quantomeno portare al ballottaggio il suo rivale. E’ il caso di Anthony Distefano, giornalista notissimo a queste latitudini, che si è misurato con Nino Naso risultato poi vincitore e quindi sindaco di Paternò.

A prescindere da come sia andata a finire, possiamo definirla una bella esperienza?
“Assolutamente si. E’ stata coinvolgente, abbiamo riacceso l’entusiasmo. Non posso che definirla molto bella”.

Inevitabile chiederti da giornalista come vivi e commenta ciò che è successo a Palermo con La Vardera

“Onestamente sono stato troppo preso dalla campagna elettorale e, dunque, solo ora ho provato a capire cosa è successo a Palermo. Stiamo parlando di scelte completamente diverse rispetto a quelle che ho fatto io e, sinceramente, non condivido il meccanismo scelto. Se si scende in campo per diventare sindaco, bisogna concentrarsi solo su quello. E’ una questione di rispetto nei confronti della città. Nel caso di La Vardera è stato utilizzato un taglio che non ha nulla a che vedere con il ragionamento politico. Poi, certamente, il prodotto che ne uscirà sarà meraviglioso, ma non ha niente a che vedere con quello che è l’impegno per la città”.

Facciamo fatica a capire come può un giornalista spogliarsi del tutto dal suo modo di ragionare e vedere le cose, cimentandosi in una campagna elettorale che è decisamente diversa rispetto alla professione di tutti i giorni?

“In realtà non ti spogli mai davvero del ruolo di giornalista, ma aggiungo: per fortuna. Durante la mia campagna sono andato in giro anche nelle vie più piccole di Paternò per incontrare la gente e spiegare il mio programma e, non di rado, mi sono trovato a confrontarmi anche con casi disperati, avendo la voglia di approfondire e cercare di capire i motivi della disperazione, senza limitarmi a dire il classico ‘ non si preoccupi, se vinciamo ci pensiamo noi’. Proprio per questo, ripeto, in fin dei conti non ti spogli mai dei panni del giornalista”.

Possiamo dire, dunque, che la differenza sostanziale tra le due campagne elettorali era che La Verdera aveva soprattutto la voglia di realizzare un documentario?

“Credo che lui, in base a ciò che leggo, si sia concentrato solo sul lavoro giornalistico, provando a dare anche un taglio cinematografico. Io personalmente, da candidato sindaco, non l’avrei mai fatto”.

Torniamo a Paternò un modello nuovo: diversi soggetti attorno a una persona che non fa politica di professione.

“E’ una questione di condivisione del progetto. Molti, infatti, quelli che non l’hanno condiviso perché non gli davano nulla in cambio e sono andati da altre parti. In un periodo storico in cui non si capisce più che cosa è la destra e che cosa è la sinistra, in cui i partiti si sono sbriciolati, l’idea più giusta era poter mettere insieme delle personalità che potevano dare il proprio contributo alla città. Chi non si è saputo adattare con le nostre idee e soprattutto con il nostro rigore morale, ha preferito andare altrove”.

Resta però l’impegno di Anthony Distefano in consiglio comunale a Paternò?

“A dir il vero sto riflettendo. Voglio comprendere se la mia figura è necessaria o meno. Mi prenderò qualche giorno per decidere perché la mia intenzione non è quella di fare carriera politica. Ho provato a mettermi a disposizione della mia città e in virtù dei quasi 9000 voti che ho conquistato deciderò se continuare a farlo oppure no”.

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