Nonostante la giovane età, è lungo il curriculum criminale di Mirko Pompeo Casesa, 34 anni, ritenuto dagli investigatori elemento di spicco della mafia catanese, affiliato al clan Santapaola-Ercolano e ‘a capo’ del gruppo di Mascalucia. Tra il 2000 (quando era ancora minorenne) e il 2014 è stato arrestato ben quattro volte. E condannato in due procedimenti giudiziari.

La sproporzione tra i redditi dichiarati e quelli posseduti e l’attività svolta da Casesa ha portato la Direzione Investigativa Antimafia, con un provvedimento disposto dal Tribunale di Catania al sequestro di diversi beni.

Il patrimonio (ancora da quantificare) consiste in beni intestati all’indagato o fittiziamente alla moglie Agata Mazzaglia: un’abitazione, un garage, una impresa specializzata nel settore di autonoleggio autoveicoli e nove auto.

Nell’ottobre del 2000, Casesa ancora minorenne tenta una rapina ai danni di un istituto di Credito di Zafferana Etnea. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il giovane si è rapidamente inserito nelle compagini criminali mafiose, in particolare aderendo al potente clan “Santapaola-Ercolano”, nel “Gruppo di Mascalucia”, come dimostrano la sequela di arresti e successive condanne a partire dal 2007.

Nel mese di gennaio 2007 viene arrestato dai carabinieri di Gravina di Catania per tentata estorsione in concorso, ai danni di un imprenditore, aggravato dall’utilizzo del metodo mafioso. Per questo reato è stato condannato in via definitiva alla pena di anni 2 (due) e mesi 4 (quattro) di reclusione

Nell’aprile del 2013, viene nuovamente arrestato dai carabinieri del Comando Provinciale di Catania, nell’ambito dell’operazione di polizia giudiziaria denominata “Fiori Bianchi 3”, in quanto ritenuto responsabile del reato di estorsione ai danni della società “Carmedil Srl”, operante nel settore delle costruzioni edilizie.

Dalle indagini sono emersi gravi indizi di colpevolezza per la sua partecipazione all’associazione mafiosa “Santapaola – Ercolano’”, e al suo ruolo di spicco all’interno del “Gruppo di Mascalucia”. In sede processuale, è stato condannato dalla Corte d’Appello di Catania, nel novembre 2016, alla pena detentiva di 7 anni e 2 mesi. La sentenza era stata pronunciata a conclusione del giudizio abbreviato nell’ambito del procedimento penale, iniziato nel 2010, che lo vedeva imputato di appartenere al gruppo di Mascalucia del clan “Santapaola-Ercolano”.

Nel febbraio 2014 gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Catania, nell’ambito dell’operazione di polizia giudiziaria denominata “Money Lender”, lo arrestano per usura pluriaggravata in concorso e tentata estorsione, con l’aggravante di avvalersi delle condizioni di assoggettamento e omertà derivanti dal metodo mafioso.