“Soddisfazione per le motivazioni della sentenza con cui la Corte di Appello di Catania ha assolto l’ex Presidente della Regione dal reato di concorso esterno in associazione mafiosa e lo ha condannato per il reato di voto di scambio aggravato” è espressa da due legali del collegio di difesa di Raffaele Lombardo, gli avvocati Alessandro Benedetti e Filippo Dinacci.

“La nuova sentenza – osservano – ribalta di fatto il giudizio di primo grado. Allora c’era il concorso esterno e non sussisteva il voto di scambio. Non sussiste oggi il concorso esterno e compare il voto di scambio aggravato”. La sentenza di appello, secondo i difensori, “rende giustizia delle tante fantasiose ricostruzioni operate dal giudice di primo grado facendo verità sui nodi più spinosi del processo”. “Dimostreremo in Cassazione – aggiungono annunciando il ricorso alla Suprema Corte – l’insussistenza anche delle residuali accuse ancora a carico di Raffaele Lombardo”.

In particolare, sottolineano i legali in una dichiarazione, la Corte di Appello di Catania, in 267 pagine di motivazioni, ha evidenziato come non sussista alcuna prova del coinvolgimento di Lombardo nei lavori di costruzione dei centri commerciali: “La Tenutella”, “Mito”, “Porte di Catania” e nella progettazione del parcheggio Sanzio e dell’area denominata la Plaia; così come non esistono prove che avvalorino la tesi secondo la quale Lombardo avrebbe ricevuto un finanziamento da Vincenzo Basilotta.

Sempre secondo il collegio giudicante, si legge ancora nella dichiarazione, non esiste riscontro alcuno per il summit mafioso che sarebbe avvenuto nella casa di campagna di Lombardo tra il 2003 e il 2004 o per l’incontro svoltosi tra lui il Di Dio e Angelo Santapaola in occasione delle elezioni del 2006. In particolare i giudici hanno ritenuto il Rosario Di Dio inattendibile e il suo racconto destituito di fondamento.

Infine, rilevano i legali dell’ex governatore, la Corte ha smentito radicalmente la tesi circa i presunti rapporti illeciti intercorsi tra Raffaele Lombardo e l’editore Ciancio ed ha in numerose circostanze evidenziato come, non solo non esiste nessuna prova dei favori fatti da Lombardo a mafiosi, ma, al contrario, esiste la certezza processuale contraria: ogni qualvolta un mafioso avrebbe chiesto – direttamente o indirettamente – un favore all’ex Presidente della Regione egli puntualmente ha deluso qualsiasi tipo di aspettativa. Il Collegio giudicante, conclude la nota degli avvocati Benedetti e Dinacci, invece ha ritenuto che ci fossero rapporti tra il Lombardo e i signori Barbagallo, Aiello e La Rocca e che questi si siano adoperati nella raccolta di voti in suo favore nelle elezioni del 2008 in cambio della generica promessa di favori che la stessa corte riconosce non essere mai stati fatti.