“E’ francamente paradossale compiacersi per l’approvazione di un Piano di riequilibrio finanziario per coprire i sopraggiunti debiti, dovuti in gran parte all’immobilismo dell’attuale Giunta”. E’ duro l’attacco del vicepresidente vicario del Consiglio Comunale, Sebastiano Arcidiacono, che in una nota replica alle dichiarazioni del sindaco Enzo Bianco.

L’esponente del gruppo misto è stato fra i più strenui oppositori dell’atto predisposto dall’amministrazione comunale che va a sostituire il piano precedente redatto dalla giunta Stancanelli nel 2012.

“Come abbiamo avuto modo di documentare, in questi tre anni  e mezzo – dice Arcidiacono – abbiamo assistito all’inerzia dell’Amministrazione a fronte dell’irreversibile crollo dei bilanci delle partecipate e al quadruplicarsi delle anticipazioni bancarie passate da 42 a 161 milioni di euro, con il corrispettivo aumento di interessi passivi”.

Sebbene sia il sindaco Bianco sia l’assessore al Bilancio, Giuseppe Girlando, abbiano ribadito che l’azione relativa alla dismissione di alcuni immobili non riguarderà il patrimonio culturale, Arcidiacono attacca ancora le scelte poi approvate giovedì scorso dal Consiglio: “Nel Piano troviamo una scriteriata vendita di immobili e della rete del Gas, accanto a numeri vuoti che non troveranno alcun riscontro benefico per la città, perché irrealizzabili e mirati solo a coprire le evidenti contraddizioni”.

Il vicepresidente del Consiglio, che in campagna elettorale ha sostenuto Bianco ma da tempo ha assunto posizioni piuttosto critiche, affonda il colpo finale: “L’aver adottato un nuovo Piano toglie ogni residuo alibi a chi troppe volte si è fatto scudo ipocritamente delle scelte del passato e su cui ora invece ricade, anche formalmente, l’intera responsabilità contabile, sociale e politica nei confronti dei giovani, dei disoccupati, delle famiglie e dei pochi imprenditori ancora attivi di una città stremata e impoverita”.

Infine Arcidiacono entra nel merito del dibattito politico, rompendo definitivamente con la maggioranza e lanciando l’idea di “una forte proposta di governo della città che favorisca la nascita di una nuova classe dirigente libera da condizionamenti e meno autoreferenziale, per costruire una nuova Catania“.