Ha qualcosa da dire sui fratelli Raffaele e Angelo Lombardo­? La domanda di per sé imbarazzante la rivolge nel carcere di Brucoli un ufficiale dei carabinieri in servizio al Ros, il raggruppamento speciale dell’Arma, a un condannato definitivo l’ingegnere Mariano Incarbone, imprenditore chiacchierato con conoscenze pericolose.

A due giorni dalla sentenza d’appello all’ex governatore Raffaele Lombardo il ‘particolare’ fa rumore nel mondo giudiziario. Un rumore roboante se si considera che a rivelarlo è lo stesso Incarbone, detenuto nel carcere di Cosenza dove sta scontando, già da undici mesi, una condanna definitiva a cinque anni, chiamato a testimoniare nel processo col rito ordinario ad Angelo Lombardo fratello di Raffaele, imputato di concorso esterno alla mafia.

Mariano Incarbone spiega in aula: “Dieci giorni dopo essermi costituito al carcere di Brucoli mi cercò un ufficiale dei Ros per chiedermi se avevo qualcosa da dire sui fratelli Lombardo; avrebbero visto loro come farmi avere gli arresti domiciliari, così sarei potuto tornare con la mia famiglia”.

Il riferimento è sin troppo chiaro: Incarbone avrebbe subito “pressioni” e la promessa di un’attenuazione della pena dai vertici dei Ros se avesse chiamato in causa Angelo o Raffaele Lombardo.

Incarbone nell’udienza invece ha detto: “Mai avuto alcun rapporto con Angelo Lombardo, ad eccezione per quelle riunioni con migliaia di persone”. Aggiunge ancora, “mai avuto a che fare  per altri motivi”.

Ad assistere alle rivelazioni di Incarbone, arrestato nell’operazione Iblis, condannato con l’abbreviato ad otto anni e in appello a cinque, sono i pm Antonio  Fanara e Agata Santonocito, gli stessi che hanno sostenuto l’accusa contro Raffaele Lombardo. Il 31 marzo (dopodomani) il verdetto per l’ex Governatore.

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