Il ruolo del commercialista nell’amministrazione delle società e negli organi di controllo, i principi etici e deontologici e il rischio di condotte penalmente rilevanti: questi i temi al centro del convegno “Amministratori e Collegio sindacale: scelte, responsabilità e reati societari”, che si è svolto nella sala Adunanze del Tribunale di Catania.

Un appuntamento formativo e di aggiornamento organizzato dall’Ordine dei Commercialisti e degli Esperti Contabili di Catania (Odcec) presieduto da Giorgio Sangiorgio, in collaborazione con il Tribunale e la Corte d’Appello. In apertura dei lavori sono intervenuti per i saluti il segretario dell’Odcec Maurizio Stella e i magistrati Dorotea Quartararo e Lucia De Bernardin.

“La figura del commercialista – ha dichiarato il consigliere dell’Ordine Marilù Fragalà, che ha coordinato gli interventi – all’interno delle società imprenditoriali può assumere un duplice profilo, come previsto dalla legge: da un lato consulente, dall’altro amministratore, sindaco del collegio o revisore. È importante quindi fornire ai professionisti gli strumenti necessari per poter compiere delle scelte equilibrate e competenti al fine di contrastare l’emersione di profili penalmente rilevanti”.

Il commercialista Francesco Distefano ha illustrato in merito il concetto di “scetticismo professionale”: “Il controllore – ha spiegato – deve approcciarsi all’operato amministrativo dell’azienda sempre con il beneficio del dubbio fin quando non ne ha accertato la veridicità e la legittimità. È un aspetto etico e deontologico che sottolinea il ruolo sociale della nostra professione”.

A delineare i profili di responsabilità nelle scelte degli organi di amministrazione e controllo è stato l’avvocato Carmelo Peluso, mentre il sostituto procuratore della Repubblica presso la Procura di Catania Fabio Regolo si è soffermato sui reati societari e le crisi d’impresa.

“È importante fare sistema per mettersi dalla parte della legalità – ha dichiarato – ognuno con il proprio ruolo, soprattutto in settori come quello della crisi d’impresa. I casi più ricorrenti li troviamo nelle situazioni di aggravamento del dissesto o per bancarotta per distrazione. Le vicende spesso sono connesse con casi di corruzione e creano una sorta di zavorra per lo sviluppo del Paese. Le imprese sane e i professionisti hanno tutto l’interesse affinché vengano stigmatizzati questi comportamenti ed è sul campo dell’etica professionale e aziendale che bisogna misurarsi per eliminare la concorrenza sleale. Il legislatore, per esempio, ha messo a disposizione diversi istituti che possono essere utilizzati dall’imprenditore in crisi per risolvere la propria insolvenza nella legalità”.