Nel catalogo mozartiano , Don Giovanni viene dopo Le Nozze di Figaro e prima di Così fan tutte. È il titolo di mezzo della trilogia dapontiana, il più cupo, il più trascendente e inquietante, tra due partiture al contrario di rilucente razionalità e grazia illuministica. L’opera, molto amata non solo dagli appassionati, ritorna al Teatro Massimo Bellini dopo undici anni in un’edizione di alta qualità scenica e musicale, che sarà programmata con il seguente calendario per complessive sette recite. Prima rappresentazione venerdì 13 ottobre ore 20.30 (Turno A). Repliche: sabato 14 ottobre ore 17.30 (Turno S1), domenica 15 ottobre ore 17.30 (Turno D), martedì 17 ottobre ore 17.30 (Turno S2), mercoledì 18 ottobre ore 20,30 (Turno B), giovedì 19 ottobre ore 17.30 (Turno R), venerdì 20 ottobre ore 17.30 (Turno C).

Sul podio il giovane direttore d’orchestra siciliano Salvatore Percacciolo, regia e costumi sono di Francesco Esposito, le scene di Mauro Tinti, le luci di Bruno Ciulli, le sculture di Franco Armieri. Il cast vocale annovera nel ruolo del titolo il baritono Vittorio Prato, il soprano Annamaria Dell’Oste (Donna Anna), il soprano Esther Andaloro (Donna Elvira), il basso Gabriele Sagona (Leporello), il tenore Francesco Marsiglia (Don Ottavio), il basso Francesco Palmieri (il Commendatore), il baritono Giulio Mastrototaro (Masetto), Manuela Cucuccio (Zerlina). Nelle recite del 14, 17 e 19 ottobre, Don Giovanni sarà il baritono Davide Fersini, Donna Anna il soprano Federica Alfano, Donna Elvira il soprano Diana Mian, Leporello il basso Francesco Verna. Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini, maestro del coro Gea Garatti Ansini, maestro al cembalo Paola Selvaggio. L’allestimento è del Teatro della Fortuna di Fano.

L’edizione catanese ripropone quella primigenia, con il sestetto finale, andata in scena per la prima volta al Teatro degli Stati Generali di Praga il 29 ottobre 1787, nella medesima città che l’anno precedente, al Nationaltheater, aveva decretato il successo delle Nozze. Non a caso il ruolo di Don Giovanni venne scritto per il baritono Luigi Bassi che era stato il primo, acclamato interprete di Figaro. Fu un altro grande successo. Lo stesso non si può dire del debutto viennese, avvenuto nel maggio 1788, davanti ad un pubblico probabilmente non pronto alla novità di certe pagine, come la sovrapposizione delle tre danze nel finale primo o la ‘serie dodecafonica’ del commendatore nel finale secondo. A Vienna pare che l’opera sia andata in scena senza il citato sestetto, chiudendo il sipario sulla morte e i precipizio agli Inferi del protagonista, accentuandone l’aspetto terrifico.

Mozart e Da Ponte scelsero il soggetto del “giovane cavaliere estremamente licenzioso”, come è definito nel libretto, nonostante nel febbraio 1787 fosse andato in scena al San Moisè di Venezia, Don Giovanni Tenorio ossia Il convitato di pietra di Bertati e Gazzaniga. O forse proprio per il piacere della competizione.

La fonte, che pur aveva prestigiosi precedenti letterari, da Tirso de Molina a Molière a Goldoni, era di derivazione popolare, ma il capolavoro mozartiano, dramma giocoso in due atti K527, si innalza ad una dimensione tragico-simbolica che dilaga nell’impianto “giocoso” settecentesco, in un continuo confronto e alternarsi di tragico e grottesco, superando le distinzioni di genere e consentendo l’ingresso a moduli preromantici. Mozart raggiunge qui vette che anticipano gli esiti del Requiem e Die Zauberflöte, e come in quelli la compresenza di comico e serio non si risolve nel loro conflitto ma in una miracolosa armonia.

Fuorviante è ignorare questa duplicità e privilegiare il rapinoso versante metafisico e soprannaturale, come fanno alcune pur autorevoli letture, da Hoffmann a Kierkegaard, che hanno condizionato un’obiettiva visione storicistica dell’opera. Affascinante ma riduttivo è infatti fare di Don Giovanni una sorta di mitica declinazione del libero arbitrio che viola ogni limite pur di attingere l’assoluto faustiano. Nella partitura, invece, intere sezioni dimostrano che gli stili musicali impiegati da Mozart ben giustificano la definizione di «dramma giocoso» di ascendenza goldoniana, senza nulla togliere alla potenza e al travaglio esistenziale del personaggio.

Come sottolinea il regista Francesco Esposito: “Ciò che ancora di vero può dirci l’opera di Mozart è che, illusosi di essere libero da vincoli, l’uomo Don Giovanni in realtà diviene schiavo del piacere che cerca nel presente, o schiavo del presente da cui cerca piacere: la ragione privata di un’unità comprensiva superiore comincia compulsivamente a cercare un’unità, e la trova non nel piacere, ma nella sua ricerca, nella sua costante aspirazione al raggiungimento, nel mettere in atto le strategie, perdendo così il presente, consegnandosi al futuro del raggiungimento sempre rimandato oltre, sempre al di là”.
Lo spettacolo viene rappresentato con sovratitoli in italiano ed inglese. Info www.teatromassimobellini.it