Berlino acclama Gianfranco Rosi.Il suo film documentario ‘Fuocoammare’ vince il premio più ambito del Festival del Cinema, l’Orso d’oro. Unico film italiano in concorso e premio più ambito.

Il documentario di Rosi racconta il viaggio dei migranti verso il nostro paese ed è stato girato sull’isola di Lampedusa con riprese durate un intero anno. Il verdetto è stato letto da Meryl Streep, la presidente di giuria che ha parlato di “Film originale e anche eccitante che ha colpito la giuria tutta per la compassione. Questo film riesce a mettere insieme arte e politica insieme a tante altre sfumature. Un film urgente, visionario, necessario”.

La compassione, dunque come elemento fondamentale della narrazione. Compassione per quei migranti che arrivano, compassione per quelli che non ce l’hanno fatta come in tanti sono rimasti in mare. E a loro dedica il film il regista nel ritirare il premio: “Il mio pensiero più profondo va a tutti coloro che non sono mai arrivati a Lampedusa, a coloro che sono morti. Dedico questo lavoro ai lampedusani che mi hanno accolto e hanno accolto le persone che arrivavano. È un popolo di pescatori e i pescatori accolgono tutto ciò che arriva dal mare. Questa è una lezione che dobbiamo imparare”.

E protagonista fra i protagonisti del film è Pietro Bartolo, quello che una volta si sarebbe chiamato il ‘medico condotto’ di Lampedusa. Un uomo che chi ha affrontato una volta sola nella sua vita la vicenda degli sbarchi per raccontarla, ha conosciuto ed apprezzato nella sua burbera umanità, nel suo impegno senza orologio, senza giorno e senza notte. Un medico che del giuramento di Ippocrate ha fatto il suo stile di vita e che quel giuramento ha perfino superato in umanità

Lui oggi viene festeggiato a Palermo   “È con grande orgoglio che abbiamo visto sul palco del festival di Berlino il nostro medico di Lampedusa, Pietro Bartolo – dice il direttore generale dell’Asp di Palermo, Antonio Candela –  che è riuscito a trasmettere la sua professionalità e, soprattutto, tutta la sua umanità nel film ‘Fuocommare’ premiato con l’Orso d’oro. Bartolo, che già lo scorso anno aveva ricevuto a Cracovia il prestigioso Premio ‘Sergio Viera de Mello’ – ricorda Candela sempre parlando del responsabile del poliambulatorio della Asp 6 sull’Isola – è un esempio di  come il lavoro di un medico possa diventare una ‘missione’ al servizio del prossimo’”.

Ma tornando sul palco di Berlino ci sono altre parole di Rosi che non si possono tralasciare “Per la prima volta l’Europa sta discutendo
seriamente alcune regole da fissare – dice – io non sono contento di ciò che stanno decidendo. Le barriere non hanno mai funzionato,
specialmente quelle mentali. Spero che questo film aiuti ad abbattere queste barriere”.

Dunque un film riporta l’attenzione sui migranti. Un docufilm che era stato già premiato a Venezia. Ma a fronte di questa commozione, della gioia per il premio, dell’orgoglio italico e siculo, quanto durerà questa attenzione al tema migranti? Probabilmente svanirà già domani.

Va in scena la grande ipocrisia di una Europa che premia l’empatia di un fil documentario ma poi dimentica quella empatia nella vita di tutti i giorni. Una Europa che discute di accoglienza ma non accoglie se non in modo selettivo. Una Europa a guida tedesca che mostra il proprio volto umano solo sul palco di un festival e nelle dichiarazioni dei momenti di crisi ma poi chiude le frontiere, alza muri, respinge i migranti, blocca i flussi che inizialmente aveva dichiarato di accogliere.

Una Europa che tende a chiudersi per paura e che vede una Italia che, poco alla volta, comincia anche lei a chiudersi dopo aver accolto per anni e anni. non l’Italia dei governi e delle operazioni di salvataggio a mare. Ma l’Italia degli italiani che non leggono più delle tragedie del mare. Che rifuggono dalla cronaca di questi eventi, che se commentano lo fanno con acredine. una Italia che ha paura non tanto del diverso in se ma della crisi che le toglie spazio e lavoro e dell’immigrato che pensa venga a togliere l’ultimo barlume.

Una Italia lasciata sola dall’Europa che è sempre più distante per questo e per altri motivi e che all’Europa oggi rimprovera di commuoversi solo davanti allo schermo di un cinema.

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