Secondo l’ONG Education for Nature – Vietnam, in tutto il paese ne rimangono allo stato selvatico non più di venti. Secondo altre stime non oltre trenta, comunque pochissime.

Si tratta dell’ormai rarissima sottospecie di tigre indocinese (Panthera tigris corbetti) censita nel 2011 in pochissime centinaia di esemplari sparsi tra Laos, Myanmar (ex Birmania), Tailandia, Vietnam e Cambogia.

Un grado di protezione che si presuppone massimo ma che non ha risparmiato ben cinque tigri vietnamite trovate surgelate dai funzionari governativi. I fatti sono avvenuti nella provincia centrale di Nghe An.

Non è ancora nota l’esatta provenienza delle tigri ma l’ONG getta una luce fosca sugli allevamenti di tali animali che esisterebbero nel paese. Verosimilmente sarebbero deputati a rifornire di ossa, carne ed altre parti del corpo, la medicina tradizionale cinese. Il sospetto, però, è che tali strutture possano diventare luoghi di riciclaggio di animali in realtà prelevati in natura.

Dovrebbero prevenire, secondo una discutibile etica, il prelievo in natura ma potrebbero invece favorire l’uccisione o cattura di animali selvatici. Una critica di tal genere è stata già da tempo avanzata nei confronti di allevamenti di altri animali, quali varani e serpenti, molto richiesti dall’industria conciaria. Allevamenti esistenti sia in alcuni paesi asiatici che africani e che generano molte perplessità sulla correttezza adottata.

E dire che la rara sottospecie di tigre indocinese deve il suo nome a Jim Corbett, un cacciatore nato nella seconda metà dell’ottocento in India ma di orgine Britannica. Corbett, cambiata vita, si dedicò alla protezione del grande felino asiatico.

I corpi delle tigri ora sequestrate erano state private degli organi interni.

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