“Piacere, Francesco, 45 anni… ah, vabbè, tu sei Walter, 28 anni… poi mi giro verso di lei e mi dice: “Io Naomi, 19 anni”.
Dario Pandolfini descrive così il momento in cui conobbe Walter, alias Dario Nicolicchia, in cella da due mesi, e Naomi, la sedicenne che sarebbe stata costretta, proprio da Nicolicchia, a prostituirsi.

Il Gip Lorenzo Matassa e il pm Claudio Camilleri ascoltano il poliziotto difendersi dalle accuse che, il 5 maggio, lo hanno fatto finire agli arresti domiciliari, nell’ ambito dell’ indagine sui clienti della baby squillo. Lui, Pandolfini, secondo l’ accusa, sapeva di stare facendo sesso a pagamento con una minorenne. L’ assistente capo di polizia, difeso dall’ avvocato Marcello Montalbano, nega tutto.

L’ indagato però non riesce proprio a spiegare come mai un suo amico e collega, pure lui adibito alla tutela di Maria Falcone e pure lui sotto inchiesta, abbia deciso di parlare di lui, addossandogli responsabilità e identificandolo come il sedicente “Francesco”, cliente di quella che, su una bacheca di incontri “social” su Facebook, si definiva come la “coppia monella”.

Avevano motivo di astio, di contrasto, avevano litigato, i due poliziotti? Le risposte alle domande del pm sono una serie di no. Anzi, precisa l’indagato, il sovrintendente aveva come punto di riferimento nella vita di ogni giorno proprio Pandolfini. “Io per lui rappresentavo o rappresento l’unico amico suo, come lui dice, perché è separato e l’unica persona che può chiamare sono io”.

Di più: per spiegare la propria presenza, il giorno in cui il sovrintendente doveva essere sentito come indagato dal pm Camilleri, Pandolfini dice di aver temuto che l’ altro facesse un gesto inconsulto: “Stava uscendo pazzo, scese dalla macchina dicendo che si voleva suicidare e ho cercato io di tenerlo tranquillo… sa com’ è, uno che gira armato…”.

L’ accusa sostiene che in realtà, dato che Pandolfini era coperto dallo pseudonimo di Francesco Garofalo e dal fittizio mestiere di avvocato (così si era presentato ai due «monelli»), non ci tenesse proprio ad essere scoperto.

In questa storia i due ci erano finiti insieme, “un pomeriggio, mentre facevamo servizio ed eravamo in attesa della personalità da tutelare, smanettando con i telefonini io finii sul profilo di questa coppietta monella… a parte che non si vedeva la faccia di questa ragazza, si vedeva lei, se non ricordo male seduta, messa col decolléte, il seno di fuori… Mi balenò il pensiero di fare questa esperienza… mi piaceva avere un rapporto con una coppia. Volevo fare sesso a tre, non cercavo una escort”.

Il Gip non si convince: ma come, chiede, due uomini che tutelano una personalità a rischio sono così sprovveduti da dare il numero di cellulare e da portarsi a casa (Pandolfini, in un suo pièd-à-terre di via Nenni) due perfetti sconosciuti? “Pericolo, nel momento in cui io ho colloquiato con Walter, non ne ho percepito, perché era sembrato, a vederlo, una brava persona, un bravo ragazzo; parlava in italiano pulito, sistemato…”.

La presentazione con nome ed età, può mai essere credibile? “Volevo simulare”, spiega Pandolfini. La ragazza era vestita in maniera appariscente, questo sì, «abbigliamento diciamo osé», ma il punto è: sembrava assai giovane? “Assolutamente no, di questo sono totalmente certo. Era provocante, dimostrava diciannove anni e quindi possiamo…”. Ma perché proprio 19, insiste il giudice Matassa: non potevano essere 20 o 17…? Qual è la differenza? “Dimostrava l’ età che mi aveva detto: 19 anni. Era congrua. Mai avuto nemmeno un microsecondo di dubbio”. Il sesso ci fu: due volte, dice lui, quattro, secondo lei: 200 euro la prima volta, 100 la seconda. Pagato?

Macché: “Le ho fatto un regalo, mi è venuto spontaneo. È troppo per il mio stipendio? Guadagna anche mia moglie”. Si chiude col tentativo -così ritiene l’ accusa – di inquinare le prove: Pandolfini (secondo l’ altro indagato) avrebbe cercato di sapere cosa avesse detto e se avesse fatto il suo nome.

“No, mi disse che dovevo stare vicino a lui, “sei l’ unico amico mio…””. Alla fine gli contestano pure i beni, una barca, appartamenti. Non è tanto, per un assistente capo di polizia? Non c’erano altri guadagni, come “facilitatore” della prostituzione di una ragazzina? “Pago mutui, pago mutui”.

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