Sfidano a colpi di tacco a stiletto i dissestati marciapiedi di Palermo e considerano le ballerine un oltraggio al pudore. Sono le shoes addicted che fanno parte di un club esclusivo cittadino, riservato a pochissime elette.

Si incontrano in riunioni più carbonare di quelle di Mazzini e più impegnative di quelle nella war room di Obama, con un circolo ristretto e selezionato secondo taglie. Sì taglie, ma di scarpe; le più gettonate sono quelle che vanno dalla 37 alla 40, mentre escluse giocoforza sono quelle dalla 36 in giù e dalla 41 a salire. D’altronde siamo in Sicilia, non certo in Giappone con minuscoli piedini da bambola né in Scandinavia con le fette da cacciatori di orsi polari.

Il rito di iniziazione in questo club elitario è celebrato secondo un manuale preciso. “Giuri di non aver mai neanche pensato di comprare le scarpe da hostess, ovvero quelle con tacco 3, largo e piatto e il decolleté ampio per accogliere piedi gonfi?” viene chiesto all’ultima arrivata e basta percepire solo un attimo di esitazione e, pouf, si è escluse dal circolo.

Se si viene accolte invece, si ha il privilegio di scambiare scarpe con le altre elette, di dare le proprie per riceverne in cambio un paio che calmi l’astinenza da mancato acquisto. Ogni baratto viene preceduto dalla promessa di prendersene cura come fossero le proprie, anzi meglio delle proprie e di consentire anche visite settimanali alla bisogna. Spesso si verificano incidenti, come quando si scambia il paio regalato dal tipo con cui sembrava fosse amore e invece era un lapino sfasciato. Lo scopo è quello di cancellare ogni traccia del passaggio di lui ma, due su tre, scatta il pentimento e la conseguente richiesta di restituzione del paio della discordia. Perché è un dato statistico ormai assodato, un uomo può essere anche di passaggio mentre una scarpa è per sempre.