E stato presentato nell’Auditorium dell’Istituto Gonzaga a Palermo il libro “Se offrirai il tuo pane all’affamato…Oltre lo scarto: la rete del banco Alimentare”.

In una sala gremita da tanti operatori sociali che quotidianamente vivono in trincea e grazie al Banco Alimentare cercano di alleviare la sofferenza, anche alimentare, di quanti, italiani o stranieri, vivono nella nostra città in condizioni di marginalità, sono intervenuti, oltre a Giorgio Paolucci, autore del libro, Giuseppe Notarstefano, docente dell’Università di Palermo, Santo Giordano, presidente del Banco Alimentare e l’Arcivescovo Corrado Lorefice.

E’ stata l’occasione per incontrare il presidente del Banco Alimentare di Palermo, Santo Giordano, per fare con lui un bilancio dell’iniziativa ma soprattutto per raccogliere il suo appello alle istituzioni.

Dunque, che bilancio si può trarre?
Secondo un giudizio meramente organizzativo possiamo dire che tutto è andato bene: molti partecipanti, elevata qualità degli interventi, grande attenzione della stampa, ma…

Ma, che cosa?
Se avessimo voluto solamente presentare un libro, tutto potrebbe concludersi qui. Dopo la presentazione di ogni libro e il rito della dedica da parte dell’autore, si torna tutti a casa. Anche noi siamo tornati a casa, ma ritrovando i problemi che vi avevamo lasciati e che nel frattempo nessuno ha risolto.

A quali problemi fa riferimento?
Due fra tutti. Primo: le continue richieste che ci giungono sia dalle strutture assistenziali già convenzionate che chiedono più cibo, sia da quelle che desiderano convenzionarsi e a cui diciamo sempre di soprassedere.

E questo che significa?
Significa che i bisogni aumentano e noi con sempre maggiore fatica riusciamo a farvi fronte.

Ma, ha detto l’autore Giorgio Paolucci, che dal libro emerge una Italia ancora solidale e disposta ad aiutare chi più ha bisogno. 

E’ vero, anche ora e anche qui, nella nostra città, ma tanta solidarietà non riesce a sconfiggere un bisogno che dal solo punto di vista quantitativo aumenta di giorno in giorno.

E il secondo problema?
Riuscire a sensibilizzare le istituzioni al valore, sia in termini di servizio reso che economico, di un’opera come questa, quindi a sostenerla per poter continuare la nostra opera con serenità e con la dovuta efficienza.

Perché con tanto volontariato a disposizione avete bisogno dei contributi pubblici?
Perché i volontari sono il valore aggiunto, tecnicamente si dice sussidiarietà orizzontale, di una azione che per essere efficace ha bisogno di elementi concreti e certi.

Cioè quali?
Intanto le derrate alimentari da distribuire. Noi operiamo all’interno di un paradosso, che il professore Notarstefano proprio dalle colonne di questo giornale ha spiegato come “il tempo in cui la crescente globalizzazione del mondo nella sua pretesa di unificare i sistemi istituzionali e i mercati, non solo non riduce, ma aumenta le differenze e le disuguaglianze ad ogni livello”. Quindi la nostra azione di sensibilizzazione è rivolta non solo alle strutture nazionali ed europee che con regolarità ci fanno avere gran parte del cibo che distribuiamo, ma anche a tante altre strutture locali che ci sostengono soprattutto nell’approvvigionamento del fresco e dell’ortofrutta.

E poi?
E poi c’è il problema della gestione organizzativa di tutta questa macchina.

A cosa allude?
Al fatto semplicissimo e banale che per far funzionare questa macchina ci sono costi fissi ineludibili che vanno affrontati con interventi economici.

E quali sono?
Innanzitutto il problema dello stoccaggio del materiale. Abbiamo affittato alcuni anni fa un deposito di 1.600 mq nei pressi di Cinisi, ove abbiamo installato una cella frigorifera e alcuni mezzi di movimentazione. Sono tutti costi che abbiamo potuto affrontare grazie al contributo regionale denominato “Siciliaiuta” che solo fino a un certo momento ci ha dato certezza.

E oggi?
Col passare degli anni, il contributo, che faceva capo alla leggere nazionale 328/2000 offrendo quindi certezza nella riscossione, prima si è trasformato nella partecipazione ad un bando cui potevano concorrere altri enti; poi la quantità del contributo è diminuito di anno in anno; poi le regole del bando sono cambiate in corso d’opera; poi si sono scatenati gli immancabili ricorsi di quanti sono stati esclusi.

E ora?
E ora siamo in una fase che dal punto di vista dell’amministrazione si può definire di stallo e dal nostro punto di vista di seria difficoltà.

E come avete fatto fronte a questa emergenza?
Come in tutte le famiglie: riducendo le spese e attivando la solidarietà interna.

E cioè? Riducendo al massimo il personale non volontario, necessario solo per gestire il magazzino, interrompendo la distribuzione delle derrate al domicilio degli enti convenzionati e chiedendo loro solidarietà straordinaria con contribuzioni volontarie?
E tutto ciò è sufficiente?

Solo se azzeriamo i costi del magazzino, cioè sostituendo l’affitto con un comodato d’uso gratuito per il quale abbiamo già interpellato l’ESA.

Ma insistete sempre per il sostegno economico della Regione?

Ciò che ci fa soffrire non è solo la mancata corresponsione di ciò che ci è dovuto, ma che l’istituzione regionale sembra non voler comprendere il valore sociale della nostra attività e il vantaggio economico che tutta la società siciliana ne trae.

E qual è?
Riprendo quanto ho detto durante la presentazione: per ogni euro elargito dalle Istituzioni Pubbliche, il valore economico degli alimenti distribuiti è arrivato ad essere, in alcuni anni, fino a 30 volte superiore. Il lavoro di rete, come ha detto l’Arcivescovo nel suo intervento, paga sempre ed è conveniente per tutti.

A proposito di Lorefice, cosa vi ha detto su questa questione?
E’ sufficiente che citi a memoria, quanto ha dichiarato alla stampa “Chi ha delle responsabilità deve capire oggi più che mai che opere come queste vanno sostenute e non vanno ostacolate, con procedure burocratiche piuttosto che di secondi interessi. Oggi Palermo vive grandi bisogni e proprio per questo ha bisogno di uno scatto di orgoglio di tutti, mettendo da parte ogni interesse personale o burocratico, perché … la fame è fame”.

E questo cosa vuol dire per voi?
Primo: che la solidarietà dell’Arcivescovo ci conforta nella giustezza della nostra azione e ci fa superare la tentazione di gettare la spugna. Secondo: che c’è una responsabilità pubblica cui gli uomini delle istituzioni non possono sottrarsi.

E in concreto?
In concreto il primo passo è chiedere al Presidente Crocetta che ci ascolti perché abbiamo il timore che non abbia chiara la portata dell’azione del Banco Alimentare in Sicilia. Non scordiamo che le stesse difficoltà le vive l’altro Banco che ha sede a Catania e che rende servizi all’altra metà dell’isola. Non gli chiederemo solo soldi ma anche forme di sostegno diversificate che la Regione può darci con poca fatica da parte sua e grande giovamento da parte nostra.

A cosa si riferisce?
Alla possibilità di avere servizi, invece che finanziamenti, in tanti capitoli di spesa che non possiamo saltare. Se ci sarà data la possibilità di dire chi siamo e cosa facciamo sarà tutto più semplice. Se l’incontro si trasforma in una trattativa, del tipo prendere o lasciare, tutto sarà più difficile.

E per voi lasciare cosa significa? Chiudere il Banco? Potare sotto le finestre di palazzo d’Orleans parte delle 250.000 persone che vivono grazie al Banco? Fare lo sciopero della fame insieme a quelli che già fanno la fame?
Non credo si arriverà a queste forme di protesta. Non è nel nostro stile. Ma c’è una frase, mutuata dal nostro linguaggio dialettale e pertanto molto efficace, che mi ha colpito nell’intervista rilasciata dall’Arcivescovo. Lui ha concluso dicendo: la fame è fame. Ciascuno è in grado di capire la portata di questa affermazione, senza per questo immaginare minacce o ritorsioni. Ne aggiungo una all’altra tratta dal Vangelo in cui Gesù dice: I poveri li avrete sempre con voi.

E che significa?
Significa che non possiamo sconfiggere la fame, ma al tempo stesso non potrò mai dimenticare la frase che papa Francesco pronunziò il 3 ottobre in occasione dell’udienza concessa a 25.000 volontari del Banco di tutta Italia: “… Condividendo la necessità del pane quotidiano, voi incontrate ogni giorno centinaia di persone. Non dimenticate che sono persone, non numeri, ciascuno con il suo fardello di dolore che a volte sembra impossibile da portare. Tenendo sempre presente questo, saprete guardarli in faccia, guardarli negli occhi, stringere loro la mano, scorgere in essi la carne di Cristo e aiutarli anche a riconquistare la loro dignità e a rimettersi in piedi … “. Ecco, in attesa di incontrare il Presidente Crocetta, questa frase deve fare riflettere tutti.