Settore edile in Sicilia prossimo al fallimento: la Consulta regionale delle Costruzioni chiede al Capo dello Stato un estremo intervento per fare rispettare la Costituzione nell’Isola, prima che sia costretta a chiedere l’intervento sostitutivo del governo nazionale nei confronti della Regione e delle Autonomie locali.

“In Sicilia – scrive la Consulta a Sergio Mattarella – molte delle primarie componenti legislative e amministrative della Repubblica – Regione, Liberi consorzi di Comuni, Città metropolitane e Comuni – all’unisono da anni non rispettano principi fondamentali della Carta costituzionale, sulla pelle di un tessuto economico e produttivo che continua a non decollare malgrado il resto del Paese stia uscendo dalla crisi. Si bloccano i fondi per gli investimenti produttivi mentre prosegue senza sosta lo sperpero di risorse pubbliche in spese correnti e assistenziali, quasi sempre mirato e concentrato alla vigilia di appuntamenti elettorali”.

E’ il grido disperato che anima l’appello lanciato dal settore edile siciliano al Presidente della Repubblica: “Richiami tutti gli amministratori pubblici all’immediata ripresa dell’esercizio delle funzioni per le quali sono stati eletti, evitando che il perpetrarsi di tali loro comportamenti possa minare la credibilità stessa delle Istituzioni, alimentare pericolosi populismi ed estremismi e mettere a rischio l’ordine pubblico nella regione italiana a più alto indice di povertà. Le chiediamo, Sig. Presidente, di intervenire per fermare questo degrado e per restituire ai siciliani la necessaria fiducia nelle Istituzioni, prima che sia troppo tardi, prima che i fomentatori dell’odio utilizzino il malcontento per colpire la democrazia”.

La lettera a Mattarella, anche nella sua qualità di Supremo attuatore della Costituzione, è firmata dalla Consulta regionale delle Costruzioni, che riunisce venti fra associazioni di imprese, sindacati, ordini professionali e associazioni di tecnici e professionisti. “La Costituzione – si legge ancora – ci dice che abbiamo tutti pari dignità sociale, che la Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, che abbiamo tutti diritto al lavoro e che la Repubblica promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto e tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni; infine, che chi ricopre funzioni pubbliche ha il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.

“Ebbene, Sig. Presidente, – rileva la Consulta – qui disciplina e onore sono diventate merce rara per molti dei pubblici amministratori: questi pezzi di Repubblica col loro comportamento incostituzionale tolgono il lavoro a chi ce l’ha e impediscono che chi lo cerca col merito vi abbia diritto di accesso”.

La situazione è insostenibile: “Da anni i nuovi bandi per opere pubbliche sono fermi malgrado ci siano i fondi e i progetti cantierabili. In Sicilia sono disponibili, per opere pubbliche pronte all’appalto, quasi 4 miliardi di euro, ma dal 2012 questi progetti non diventano cantieri. Dallo stesso anno le imprese del settore avanzano quasi 1 miliardo di euro per lavori eseguiti e o non pagati o saldati con ritardi superiori alla media del resto d’Italia. L’insieme dei fondi europei 2014-2020 e delle risorse del Patto per il Sud somma circa 10 miliardi, ma l’iter per l’utilizzo è sostanzialmente fermo o in notevolissimo ritardo”.

Per queste ragioni il settore delle costruzioni è prossimo al fallimento: -90% di bandi di gara pubblicati negli ultimi 9 anni, ancora -12% nel primo quadrimestre di quest’anno e -74% nel solo mese di aprile scorso; dal 2008 al 2016 si sono persi 100 mila posti di lavoro (-40%); nel 2016 l’occupazione è ulteriormente crollata del 7%; quest’anno le certificazioni Soa delle imprese sono il 28% in meno rispetto al 2010 e il numero di aziende attive si è ridotto dell’1,7%.
La Consulta incalza: “La situazione complessiva di disamministrazione in Sicilia è un caso unico e senza precedenti. L’art. 120 della Costituzione prevede la possibilità che il Governo nazionale si sostituisca agli organi delle Autonomie locali per la ‘tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali’. E’ una extrema ratio che crediamo solo Lei possa evitare”.

Infine il richiamo alle parole dello stesso Mattarella e del Pontefice: “In occasione dello scorso Primo Maggio Ella ha dichiarato che ‘il lavoro è strettamente legato alla democrazia. La crisi rischia di contagiare le stesse Istituzioni rappresentative, con una pericolosa spirale di sfiducia’. Pochi giorni dopo Papa Francesco ha sostenuto che ‘un uomo senza lavoro non ha dignità. Il lavoro ci dà dignità. Chi per manovre economiche, per fare negoziati non del tutto chiari chiude fabbriche, chiude imprese e toglie il lavoro agli uomini fa un peccato gravissimo’.

E quale sfiducia si deve provare, allora, quando in Sicilia negli ultimi otto anni oltre centomila edili che un lavoro l’avevano si trovano disperati per strada, traditi non da cattivi imprenditori o da mascalzoni, ma da quelle Istituzioni che dovrebbero tutelare i loro diritti? Quale peccato va attribuito a quelle centinaia di pubblici amministratori che, pur avendo ricevuto le risorse destinate allo sviluppo, non hanno pagato le forniture di lavori eseguiti facendo chiudere migliaia di imprese di costruzioni, o che non hanno appaltato i lavori e hanno distolto i fondi per foraggiare clientelismi e spese improduttive? Quale ira devono coltivare i lavoratori onesti che non possono più sfamare le famiglie e pagare mutui e bollette, di fronte all’arrogante ammiccamento fra certi capipopolo al governo di enti e città che hanno smarrito il senso del dovere istituzionale e la commistione di furbi, parassiti, raccomandati e delinquenti che in una spavalda sfida si nutrono impunemente di questa deriva morale?”.