Dopo l’intervento a favore dello Ius Soli del Presidente del Consiglio, abbiamo letto le parole, pure a favore, del Santo Padre. Due vere e proprie invasioni di campo, a mio parere.

Il Presidente del Consiglio è il Capo dell’organo esecutivo italiano, almeno nella divisione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), mentre il Papa è il capo della comunità religiosa nel mondo.

Il primo, ovvero il Capo dell’Esecutivo, deve dare attuazione alle norme o, in taluni casi urgenti ed indifferibili, proporne altre, tramite i decreti legge, che comunque vanno poi convertiti in legge entro 60 gg, a pena di decadenza totale; vero è che i Governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni hanno preso la cattiva abitudine di porre, in sede di conversione dei decreti legge, la fiducia sulla loro approvazione, ponendo così una sorta di ricatto del tipo “se non lo convertite mandiamo a casa governo e parlamento”. Si tratta però, comunque, di un abuso di funzionalità del sistema legislativo, nell’ottica costituzionale di produzione normativa.

Il secondo, ovvero il Santo Padre, certo non deve affrontare temi politici, perché altrimenti dovrebbe farlo su questioni che riguardano questioni politiche in tutti gli Stati del mondo.

Infatti quella dello Ius Soll è una questione squisitamente politica, la cui competenza a decidere non può che essere del Parlamento italiano (non del Governo o di altre autorità civili o religiose), massima espressione della sovranità del popolo.

Si tratta di una legge che riguarda il modo di diventare cittadini italiani, peraltro oggi già previsto e regolato dalla legge dello Stato e, come tale, lo stato delle persone, ovvero lo status di italiano.

È inammissibile che si cerchi dall’esterno di condizionare il dibattito parlamentare sul percorso normativo.

All’Università insegnano che le leggi devono essere generali e astratte: generali perché non devono riguardare qualcuno in particolare, ma essere destinate alla collettività delle persone; astratte perché non devono riguardare fattispecie concrete, ma ipotesi generali.

A questi due principi aggiungerei che le leggi, quando vanno approvate, devono essere anche tempestive, ovvero tenere conto del momento storico in cui trovano applicazione.

Vero è che negli Stati Uniti lo Ius Soli è da sempre in vigore, ma va considerato che la legge venne approvata ai primi del 900′ quando l’America aveva bisogno di mano d’opera e stimolava l’immigrazione, soprattutto dall’italia. Oggi in America si è cambiato totalmente regime e, pur avendo mantenuto in vigore lo Ius Soli, si è molto più rigorosi sulla immigrazione, tenendo ben chiuse le frontiere, a differenza delle nostre, vere e proprie colabrodo.

Mi domando, pertanto, se in un momento come quello che l’Europa sta attraversando, in cui non si riesce a controllare l’immigrazione clandestina e si è in guerra contro un nemico tanto vile quanto invisibile, quale è il terrorismo, sia opportuno approvare una legge che certamente stimolerà l’immigrazione di massa in Italia, perché basterà (o meglio basterebbe, qualora approvata) concepire, anzi far nascere un figlio in Italia perché questi sia a tutti gli effetti cittadino italiano ed i genitori acquisiscano il diritto al ricongiungimento e quindi al permesso di soggiorno fino al raggiungimento della maggiore età del figlio.

Inoltre, è ormai accertato che le più pericolose fronde terroristiche si stanno radicando nei cittadini extracomunitari naturalizzati, ovvero quelli di seconda generazione che hanno maturato un rapporto conflittuale con lo Stato di accoglienza, per esempio mancanza di lavoro e sfogano la rabbia attraverso la radicalizzazione islamica nel ‘terrorismo.

É allora, mi domando: è questo il momento per modificare significativamente il concerto di italianità ed il modo di diventare italiani ? Oppure il calcolo elettorale, rivolto a catturare il consenso di pochi, può giungere a questo punto ?!