Oggi alle 17,30, nell’Auditorium dell’Istituto Gonzaga, di via Piersanti Mattarella, 42, si terrà una manifestazione dal titolo: “Far crescere la persona: la scuola di fronte al mondo che cambia. Uno sguardo sulla città”.

L’iniziativa, promossa dal Centro Culturale “Il Sentiero” di Palermo, prende spunto dalla pubblicazione del volume “Far crescere la persona”, curato tra gli altri dal Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà che sarà presente all’iniziativa e intende proporre un confronto sul tema della scuola, con particolare riferimento alla situazione palermitana. Sono stati infatti invitati a parlare, Giovanna Battaglia, Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo “Rita Atria” di Palermo, e M. Livia Tranchina, operatore presso il Centro Astalli di Palermo. Modererà Cinzia Billa, docente nell’Istituto Professionale di Stato “Pietro Piazza” di Palermo.

Abbiamo chiesto a Giovanna Battaglia di anticipare alcuni dei temi che saranno affrontati.
Quale è innanzitutto il contesto territoriale nel quale lei opera?
L’Istituto Comprensivo Statale “Rita Atria” comprende tre plessi: il “Benedetto D’Acquisto” e il “Valverde”, scuola Secondaria di I grado, scuola dell’Infanzia, scuola Primaria, che sostanzialmente accolgono i bambini della Vucciria e il “G. Turrisi Colonna”, scuola dell’Infanzia, scuola Primaria, scuola Secondaria di I grado, che accoglie utenza del Capo e di parte di Ballarò.

E quello socio culturale?
Gli alunni che frequentano le nostre scuole sono circa 850, dei quali 250 circa sono di origine non italiana. Il basso livello socioculturale di gran parte delle famiglie dalle quali provengono gli alunni, le multi problematicità familiari, la disoccupazione che produce alcune volte forme di illegalità, incidono in modo significativo sui livelli di conseguimento degli obiettivi educativi e didattici programmati, da parte degli studenti.
In che modo?
Gli alunni vivono perlopiù in un ambiente povero di stimoli e sussidi e con proposte educative dirette, qualitativamente inadeguate; si registra nel complesso poca sensibilità delle famiglie rispetto al processo di apprendimento e al valore della scuola e dell’istruzione rendendo più difficoltosi sia la motivazione ad apprendere sia il successo scolastico degli alunni. Negli ultimi anni la crescente gentrificazione sta popolando i quartieri di famiglie con un maggior livello di istruzione e disponibilità economiche. Per cui la popolazione è veramente varia e colorata.

E tutto ciò che problemi pone alla scuola?
Molti e di vario tipo. Per esempio abbiamo rapporti con adulti che non sono tali, perché molto giovani di età che spesso non riconoscono il valore della scuola. Così abbiamo rapporti con genitori che non hanno compiuto vent’anni che sono vittime dei capricci dei bambini, cui è difficile far comprendere il valore della scuola e le regole che essa richiede.
La mancanza di senso civico, cioè del valore del bene comune. Lo Stato e le istituzioni in genere, sono percepiti come nemici da cui difendersi e non soggetti con cui collaborare nell’interesse dei propri figli. Connesso ma non dipendente c’è il problema dei furti. Le nostre scuole sono soggette alla distruzione degli arredi e spesso anche a furti. Questo provoca, oltre all’inevitabile danno economico per riparare il quale occorrono spesso mesi o anni, una grande disaffezione negli utenti, genitori e figli, che si riverbera talvolta anche negli insegnanti che spesso in una sola notte vedono vanificati l’impegno e la fatica di mesi di lavoro.

E gli alunni non italiani che problematiche pongono?
Le maggiori difficoltà derivano dalla presenza di alunni migranti che si iscrivono nel corso dell’anno scolastico. Essendo privi spesso di qualsivoglia conoscenza della lingua italiana, non ci consentono una adeguata stabilizzazione dei gruppi classe e ci pongono problemi didattici aggiuntivi.
E come vivono l’integrazione con la nostra società e la nostra cultura?
Quanti sono da più tempo tra noi mostrano già un buon livello di integrazione e condivisione del nostro progetto educativo. Ma abbiamo anche casi di scarsa permeabilità alla cultura italiana; i problemi più gravi si vivono quando provengono da tradizioni e convinzioni culturali che poco hanno a che fare con il rispetto per la dignità umana che sta a fondamento della nostra convivenza sociale.
E in questi casi come vi comportate?
Mettiamo in campo tutte le risorse di cui disponiamo, prime tra tutte quelle del corpo docente e poi ci avvaliamo della collaborazione delle famiglie che già vivono un buon grado di condivisione del nostro impegno educativo, soprattutto nel quartiere. Abbiamo anche sviluppato delle relazioni virtuose con associazioni del terzo settore che ci consentono l’attivazione di supporto allo studio in orario extrascolastico e con Enti di formazione linguista che consentono ai loro corsisti, esperti di italiano come L2, di svolgere ore di tirocinio che noi utilizziamo come occasioni di potenziamento linguistico.
Oggi si parlerà anche di rapporto con le istituzioni locali. Qual è quello con l’Amministrazione comunale?
L’Ente Locale di riferimento per le scuole del primo ciclo è il Comune di Palermo che deve provvedere a fornire i fondi per il funzionamento didattico e per la manutenzione ordinaria; ad assicurare la fornitura dei pasti della refezione scolastica, fruita giornalmente da circa 600 alunni, nonché la disponibilità del personale necessario; a fornire gli assistenti all’autonomia per gli alunni disabili. Inoltre è l’ente proprietario dei locali scolastici ed ha un Assessorato per i servizi socio assistenziali che dovrebbe cooperare in sinergia con la scuola. Come si vede le competenze sono molte e non sempre il Comune riesce a dare risposte tempestive a problemi che necessitano risposte immediate. Mi riferisco per esempio alle manutenzioni e alle riparazioni che a causa della burocrazia giungono sempre con ritardo. A fronte di ciò vi è un coinvolgimento significativo in tante attività culturali e sociali che vedono in prima linea sia la scuola che i quartieri in cui opera, con risultati che possiamo definire soddisfacenti, anche se ciò va talvolta a scapito dell’autonomia scolastica.
Perché?
Perché talvolta prevale la necessità di partecipare o di sostenere eventi che vengono dall’esterno e non sempre vi è altrettanta attenzione per l’autonomia scolastica, che si fonda innanzitutto sulla programmazione di medio periodo e sui processi educativi messi in campo dagli insegnanti.
Su quali risorse può contare nel suo impegno professionale?
Innanzitutto sui docenti, sulla loro competenza, disponibilità che spesso si trasforma in carità, soprattutto di fronte a casi umani che richiedono una grande generosità d’animo. Poi il territorio nel quale ricadono i tre plessi. Vi abitano tante famiglie che ci sono amiche e alleate e che spesso fanno più di quanto potrebbero. E poi c’è il privato sociale con cui svolgiamo tante belle attività. Con la cooperativa “Parsifal” abbiamo sviluppato diversi progetti di educazione alla legalità; laboratori artistico-espressivi e le attività di “dopo-scuola” di cui parlavo prima. Una collaborazione molto significativa si è instaurata Con la Società “Telimar”. Innanzitutto questa estate, nell’ambito del progetto del MIUR “Scuola al Centro” abbiamo offerto, nel mese di luglio, corsi di canottaggio e nuoto. La collaborazione continua ancora e ci ha permesso di essere selezionati come scuola dalla Federazione Italiana Canottaggio per un progetto “Canottaggio integrato” che è finalizzato alla promozione dello sport suddetto tra i bambini dagli 8 ai 14 anni normodotati e disabili.
Consolidata è la collaborazione con la parrocchia di san Mamiliano con la quale condividiamo l’educazione dei piccoli del nostro   territorio.
Infine, l’essere ubicati vicino al Conservatorio di musica “V. Bellini” ed il Liceo Musicale “Regina Margherita” ha determinato la scelta di puntare sull’educazione musicale tanto che la mia scuola secondaria è proprio ad indirizzo musicale.

Per ultimo, che giudizio ha tratto dalla lettura del libro di cui si parlerà questa sera?
Il testo raccoglie una pluralità di interventi su tanti aspetti del nostro sistema educativo e per questo è molto interessante. Molti tra questi focalizzano l’attenzione verso una scuola e una società orientate alla promozione del “Carattere” e delle “Competenze” non conoscitive, riconosciute come fondamentali nelle “performance “degli studenti. Dalla sua lettura è emersa tutta la criticità del contesto in cui opero, in quanto i bambini ed i ragazzi della mia scuola hanno un bagaglio di precondizioni che rendono più ardua l’educazione. Penso sia un testo su cui si può e si deve continuare a lavorare.