La Sicilia è una delle Regione con la più bassa affluenza alle urne. A decidere di non votare sono stati soprattutto gli abitanti del Tentino Alto Adige ma la scelta è comprensibile. Si tratta di una Regione che non vive alcun tipo di rapporto con il mare e le trivelle in mare e dunque non sentiva il referendum da un punto di vista emotivo. Ma l’astensione ha riguardato maggiormente anche la Campania con il 26,13% dei votanti, la Calabria con il 26,69% e poi, quart’ultima, la Sicilia con il 28,36%.

In generale, tranne per il Trentino, sono state le Regioni del sud a disertare le urne nonostante fossero proprio le Regioni maggiormente interessate da un punto di vita turistico, ambientale, di rapporto con il mare.

In Sicilia nel dettaglio Caltanissetta con il 22,50% si conferma la provincia dove si è votato meno con la città Gela che è il comune dove l’astensione è stata praticamente la regola. In pratica tutte le città industriali d’Italia legate al petrolio non hanno votato. La provincia siciliana dove si è votato di più si conferma Trapani con il 33,30% dato ormai definitivo, seguita da Agrigento con il 30,63%, da Ragusa con il 29,51% e da Catania con il 29,33%, Palermo con un punto in meno il 27,54% e da Siracusa con il 27,42%, da Messina con il 26,98% e da Enna con il 25,65% penultima in Sicilia.

Le città industriali di Gela e Pozzallo quelle dove si è votato di meno, la turistica Sciacca l’unica dove si è raggiunto il quorum. Fra chi ha votato il sì ha superato il 90% in Sicilia attestandosi al 92,5% contro una media nazionale più bassa. Solo il 7,5% ha scritto no sulla scheda.

Un dato che, a fronte dell’ampia disinformazione e dell’astensionismo per scoraggiamento che al Sud è più alto che al nord, ci consegna, però, un dato politico. chi era convinto della correttezza di fermare le concessioni per l’estrazione a votare è andato.

Nell’oltre il 70% di astensioni siciliano, dunque, tolta la percentuale dell’astensione fisiologica e di quella che non ha più voglia di andare alle urne, c’è un dato politico evidente: ha vinto la paura della perdita di altri posti di lavoro e l’indicazione di non voto della maggioranza.

Un dato politico che permette ai renziani di uscire rafforzati da questo referendum e prepararsi al quello decisivo di ottobre sul Senato. Da quel voto, che adesso appare meno complicato, potrebbe uscire anche l’agenda politica dei prossimi anni a cominciare dall’indicazione che il Premier ha dato già durante la conferenza stampa della notte  quando, fra le righe, ha detto chiaramente che non ci saranno elezioni politiche anticipate nel 2017.

Insomma Renzi andrà avanti fino a fine legislatura nel 2018 e questo avrà una influenza sulle scelte elettorali per la Regione il prossimo anno visto che le strategia d’uscita verso le nazionali per molti deputati saranno tutte rimandate di almeno un anno e in tanti presseranno per ricandidarsi, nel frattempo, alla Regione cambiando gli equilibri e aprendo le sfide all’interno dei partiti, soprattutto fra le correnti del Pd, probabilmente da subito.

Escono sconfitte tutte le opposizioni, da quella interna al d, a quelle esterne a cominciare dai 5 stelle. Non è un caso se il movimento faccia partire subito da Augusta la controffensiva al governo battendo sull’inchiesta petrolio e lo faccia da AugustaMa esce sconfitta Forza Italia, escono sconfitte tutte le forze della sinistra antagonista, escono sconfitte le regioni ribelli a iniziare dalla Puglia.

Adesso si apre la battaglia interna per le candidature. chi nella minoranza Pd sperava di trovare spazio alle nazionali per evitare la ‘gazzarra’ regionale, dovrà rifare meglio i conti

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