Torna in esposizione permanente l’ariete di bronzo del Museo Salinas di Palermo, l’appuntamento è per domani alle 11. Si tratta di uno dei reperti di maggior pregio delle collezioni del museo. L’evento sarà accompagnato dalle musiche di Domenico Pecoraro (chitarra) e Riccardo Lo Coco (mandolino) del Conservatorio “Vincenzo Bellini”  di Palermo. In programma musiche di Telemann, Di Majo, Bortolazzi, Paganin, Piazzola.

Il grande Ariete bronzeo proveniente da Siracusa, ha una storia lunga e complessa da raccontare. E’ l’unico superstite di una coppia che, ancora  nel cinquecento era posta ai lati del portale d’ingresso al  Castello Maniace di Siracusa, edificato a Ortigia da Federico II di Svevia. Non è noto, tuttavia, se la coppia di bronzi, variamente datata tra il III sec.a.C. e il II sec.d.C., provenisse dalla stessa  Siracusa  o se l’imperatore svevo l’avesse recuperata in altro luogo e destinata successivamente ad adornare la nuova possente fortezza.

 

Sotto il profilo stilistico, si tratta di un’opera di straordinaria raffinatezza ed eleganza e caratterizzata da un efficace naturalismo.  L’animale è raffigurato accovacciato con la zampa anteriore destra ripiegata su se stessa, mentre la sinistra è portata in avanti, quasi pronta per effettuare un alzo in avanti.

La testa è ruotata a sinistra, con i grandi occhi spalancati, le narici sono dilatate e la bocca è semiaperta. Il vello, finemente modellato con ciocche lunghe e ondulate, ricopre per intero il corpo dell’animale,  mentre la fronte e la porzione sottostante alle corna sono ricoperte da fitti riccioli.

La qualità artistica dell’opera è notevolissima, in particolare per quello che riguarda la minuziosa resa dei dettagli anatomici, del vello, dei riccioli e per la sapiente capacità di rappresentare l’animale in una posa piena di tensione.

Si tratta di  un prodotto di alto livello,  stilisticamente collegabile, secondo alcuni studiosi, ad un contesto culturale di pieno ellenismo influenzato dalla scuola di Lisippo, il grande scultore greco del IV secolo a.C. L’analisi stilistica ha indotto a ipotizzarne una realizzazione all’interno  di una bottega siracusana di grande livello artistico e una probabile destinazione al palazzo dei tiranni della città. Recentemente, tuttavia, a seguito di un approfondito intervento di restauro, si è proposta per la scultura una datazione ad età romano-imperiale, compresa tra la fine del I e la fine del II sec. d.C., giustificata da alcuni dettagli tecnici nella realizzazione dell’opera.