I carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura di Palermo diretta da Francesco Lo Voi.

Le indagini sono state coordinate dal Procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dei Sostituti procuratori Annamaria Picozzi, Amelia Luise e Roberto Tartaglia nei confronti di 4 appartenenti, in qualità di capi e gregari, alla famiglia mafiosa di Carini.

Si tratta di Ferdinando Gallina, nato a Carini 39 anni ricercato; Giovan Battista Pipitone, nato a Carini 67 anni e Salvatore Cataldo, 67 anni, e Antonino Di Maggio, 62 anni, ritenuti responsabili degli omicidi di Antonino Failla e Giuseppe Mazzanuto, uccisi a Carini con il metodo della lupara bianca il 26 aprile del 1999, e Francesco Giambanco ucciso a Carini il 16 dicembre 2000.

La svolta alle indagini arriva dalle recenti dichiarazioni del neo collaboratore di giustizia Antonino Pipitone, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Carini, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giuseppe D’Angelo, e quelle del 2008 del pentito Gaspare Pulizzi. Dichiarazioni e i conseguenti riscontri eseguiti dai militari che consentivano di ricostruire i delitti e determinare i ruoli ricoperti da ciascuno dei destinatari del provvedimento di fermo.

Secondo quanto ricostruito dai miliati Giovan Battista Pipitone, Antonino Di Maggio e Salvatore Cataldo insieme con Gaspare Pulizzi e Vincenzo Pipitone attirarono in un’abitazione Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto i quali, ritenuti responsabili di un incendio. I due vennero uccisi il primo a colpi di accetta e il secondo con un colpo d’arma da fuoco.

I cadaveri non sono stati mai ritrovati. Invece Ferdinando Gallina detto Freddy, in concorso con Antonino Pipitone, Gaspare Pulizzi e Giovanni Cataldo (deceduto), uccisero di Francesco Giambanco colpendolo alla testa con un bastone e nascosero il cadavere nel bagagliaio di un autoveicolo che venne dato alle fiamme.

L’ordine di uccidere Giambanco proveniva dal capo della famiglia mafiosa di Carini, Giovan Battista Pipitone , e dal fratello Vincenzo, che ritenevano Giambanco responsabile della scomparsa di Federico Davì e di alcuni incendi verificatisi nel territorio carinese.