Fu Mariangela Di Trapani, figlia e moglie di due storici capimafia palermitani, chiamata dai gregari “la padrona” a decidere, nonostante le critiche di alcuni mafiosi, chi doveva guidare il clan di Resuttana, scegliendo Giovanni Niosi.

Niosi, ex vigile del fuoco con la passione per il cinema, però non si rivelò all’altezza del compito e venne destituito. E’ un particolare che emerge dall’indagine dei carabinieri che ha portato all’arresto di 25 mafiosi palermitani. Alcuni mafiosi – ha spiegato il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi – non perdonavano a Niosi anche la decisione di patteggiare una condanna per estorsione. Per gli uomini d’onore è la violazione della regola mafiosa: mai ammettere di far parte di Cosa nostra”.

La donna ha avuto un ruolo di vertice sin da subito.  “Mariangela Di Trapani, scarcerata nel 2015, era subito tornata ad assumere un ruolo decisivo in Cosa nostra. E questo è solo uno dei casi di mafiosi scarcerati che tornano a delinquere”.

A lanciare l’allarme è il procuratore aggiunto di Palermo, Salvo De Luca, che ha coordinato l’indagine dei carabinieri che ha portato a 25 arresti.

Il magistrato ha anche rivelato il dibattito che c’è in Cosa nostra sull’opportunità di proseguire con la “politica” delle estorsioni che pur essendo redditizia, è rischiosa. “Per alcuni – ha raccontato il magistrato – sarebbe meglio dare più spazio ad attività criminali come i giochi clandestini e le scommesse”.

Nel capoluogo i commercianti non si comportano nello stesso modo. “Non abbiamo rilevato alcuna significativa collaborazione da parte delle vittime delle estorsioni che, in alcuni casi, non hanno neppure presentato denuncia dopo avere subito danneggiamenti – dice Lo Voi – gli estorsori  sono una banda di parassiti”.

L’elenco delle vittime del pizzo è molto lungo e ci sono onoranze funebre, bar, panifici, carrozzieri, gommisti, pizzerie, ristoranti. Nulla sfuggiva alla cosca che dovevano trovare i soldi per le famiglie dei carcerati.

La lista delle vittime tra cui il noto Bar Alba, che, come si evince dalle intercettazioni, “paga da cinquant’anni”. Bar che in una nota smentisce che dal 2016 con la nuova società si sia mai pagato il pizzo.

A tappeto vengono taglieggiati pub, negozi e imprese, costretti a pagare da un minimo di 500 euro fino a 50 mila euro.

E’ un periodo difficile per Cosa nostra colpita, nel tempo, da centinaia di arresti. A dirlo sono gli stessi uomini d’onore intercettati.

“Qua sono venute a mancare cento persone”, dice un mafioso intercettato dal carabinieri che oggi hanno decapitato i clan di Sanlorenzo e Resuttana.

“Per ovviare alla mancanza di uomini di onore – ha spiegato il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi – si fa ricorso a vecchi affiliati, scarcerati, e in possesso di esperienza soprattutto nella gestione delle estorsioni”.

“Dopo gli arresti Cosa nostra è impegnata in una sorta di attività di costituzione della rete delle intercettazioni – ha spiegato – si cercano nuovi intermediari con le vittime. E si tratta di una attività che richiede tempo”. Lo Voi ha sottolineato “l’importanza” del racket per l’assistenza quotidiana delle famiglie dei detenuti ma anche per l’accumulo di somme necessarie al riciclaggio e a nuove attività criminali.

“Dopo l’operazione antimafia Apocalisse Cosa Nostra ha avuto un momento di crisi. Ha dovuto ritrovare nuove leve e ricostruire l’attività di richiesta del pizzo. Dopo l’operazione dei carabinieri la mafia ha avuto difficoltà non solo per quanto riguarda la quantità nuove leve, ma soprattutto la qualità di chi opera nell’organizzazione”.

Lo ha detto il colonnello Antonio di Stasio, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, a margine della conferenza stampa convocata in Procura per illustrare i dettagli del blitz antimafia che ha azzerato i mandamenti mafiosi di San Lorenzo e Resuttana a Palermo.

“Quello che emerso da due attività precedenti è stato in effetti contrastante. Da un lato a Borgo Vecchio c’è stata una collaborazione dei commercianti a San Maria di Gesù no – ha aggiunto il comandante Di Stasio in merito alla collaborazione dei commercianti nel denunciare le estorsioni – In questo caso è stata una scelta investigativa.

Le vittime dell’attività estorsiva saranno chiamate adesso dopo gli arresti. Io sono fiducioso. In un rapporto di reciproco sostegno tra cittadino e stato mi aspetto un’ottima collaborazione da parte dei commercianti. E’ emerso che a San Lorenzo la richiesta estorsiva veniva fatta a tappeto alle attività commerciali e imprenditoriali del territorio in base alle loro capacità di guadagno”.

Nel corso della conferenza stampa il procuratore Lo Voi ha fatto il punto sull’importanza delle intercettazioni in operazioni come queste.

“Mai come in questa indagine le intercettazioni vengono decriptate grazie alle successive, e le tessere del mosaico investigativo si incastrano solo quando tutti i margini combaciano.

Questo conferma che una atomizzazione della lettura delle intercettazioni riduce la capacità di leggere il contesto generale e di ricostruirlo – dice Lo Voi  – Una conversazione che appare irrilevante può assumere rilievo alla luce di una conversazione successiva – ha aggiunto – o di una successiva attività investigativa. Ma se non è stata trascritta o non se ne è riassunto il contenuto, proprio sulla base di una valutazione di irrilevanza, sarà poi impossibile farne uso”.

Lo Voi ha richiamato alla cautela negli interventi legislativi sulle intercettazioni per evitare di rendere le indagini meno efficaci.