I finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni e disponibilità per circa due milioni di euro.

Destinatari del provvedimento sono due fratelli palermitani, Giuseppe e Gennaro Gargiulo, promotori finanziari accusati di riciclaggio, e Giuseppe Altadonna, imprenditore di Carini (Pa), accusato di appropriazione indebita.

Ai Gargiulo sono stati sequestrati beni per un milione e centomila euro; ad Altadonna, fratello di Lorenzo, processato e assolto dall’accusa di avere riciclato i soldi dei clan di Carini, 850mila euro. Per gli inquirenti si sarebbe appropriato del denaro della società di cui era amministratore, la Carini Costruzioni.

Il provvedimento ha riguardato denaro depositato presso istituti di credito per più di un milione di euro, un’imbarcazione del valore di circa 320 mila euro, due appartamenti a Palermo per un valore complessivo di 341 mila euro e quattro autovetture, tra cui una Porsche Cayenne ed una Range Rover Sport, per un valore complessivo di 112 mila euro.

L’inchiesta coordinata dalla Procura di Palermo nasce dall’analisi di diverse operazioni finanziarie dei due promotori. I Finanzieri hanno accertato che i soldi investiti non venivano mai dai legittimi titolari degli investimenti, ma da loro clienti.

Il sistema consentiva il riciclaggio dei proventi derivanti dall’evasione fiscale commessa, nello specifico, nell’esercizio di attività di compravendita immobiliare.

Parte dei proventi delle vendite immobiliari, percepiti in nero, venivano investiti, dunque, in strumenti finanziari (fondi comuni e polizze ramo vita) per il tramite di un intermediario che gestiva i fondi degli imprenditori edili.

In particolare, muovendosi nelle pieghe di una delibera Consob – regolamento intermediari – che prevede fra le modalità di ricevimento delle provviste da investire anche l’utilizzo di assegni circolari intestati direttamente all’intermediario presso cui si effettua l’investimento – i promotori finanziari avrebbero escogitato un meccanismo di schermatura sofisticato che non consentiva la diretta tracciabilità dei fondi dei reali beneficiari.

Quest’ultimo consentiva agli evasori fiscali anche di ottenere linee di credito garantite da pegno su titoli nonché di rientrare in possesso dei denari riciclati al termine della fase di “ripulitura”.

Le indagini condotte dai militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, hanno trovato riscontro oltre che dalla ricostruzione dei flussi finanziari anche dalle dichiarazioni rese da molti acquirenti di immobili, che avrebbero confermato di aver versato la quota in nero.