Il prestigioso salotto culturale della Feltrinelli apre le porte a una delle più promettenti autrici sulla scena editoriale nazionale, accogliendo una narrazione breve, ma intensa, da più parti salutata da lusinghieri consensi di pubblico e critica.
Mariuccia La Manna, classe ’90, presenterà il suo romanzo “Solo una vita” (Bonfirraro editore) il prossimo 28 marzo, alle 18.30, alla Feltrinelli di via Cavour a Palermo dialogando con Sabrina Perrone, avvocatessa dell’associazione palermitana Fiori d’acciaio.
La giovane rivelazione è una libraria originaria di Racalmuto, sulla quale ha scommesso ad occhi chiusi il suo editore Bonfirraro, e, così come durante le altre fortunate presentazioni nell’agrigentino, saprà trasportare il suo pubblico di lettori all’interno della tematica suo romanzo, incentrato sulla violenza sulle donne. “Solo una vita” è un racconto molto forte che sembra essere scritto con il sangue, tratto da una storia vera che diventa tema universale di grandissima attualità. Se da un lato, infatti, si leggerà una bellissima storia d’amore, dall’altra la narrazione di alcune vicende di violenza faranno emergere le passioni più complicate dell’animo umano: eros e thanatos si alterneranno nel racconto per puntare dritto al cuore di ogni lettore.

Mariuccia, un nuovo libro sulla condizione tutta al femminile nella contemporaneità. Da dove è nata la tua esigenza?
«Quando si scrive si mette sempre un pezzetto di sé a disposizione degli altri ed è quello che ho voluto fare attraverso Marta, per dare voce a quel bisogno di sentimenti sinceri e reali, insito in ogni donna, che ha molto a che fare con la nostra fragilità d’animo.
La storia della mia Marta è la storia di tante donne, a parer mio troppe, che si aggrappano a un amore falso, che di sano non ha proprio nulla.
Attraverso la protagonista ho sentito l’esigenza di veicolare messaggi di notevole importanza, in primis l’amor proprio che, soprattutto in una fascia d’età delicata, come quella di Marta, viene totalmente messo da parte, imboccando spesso strade ricche di errori».

Marta è una donna fragile, come di molte ce ne racconta la cronaca ogni giorno. Com’è la sua “sola vita”: è una vita da sola?
«Le vicende non hanno permesso alla mia Marta di potere vivere la vita che aveva in qualche modo desiderato, a causa di quel tunnel buio all’interno del quale era stata adescata con l’inganno, ancora ragazzina. È rimasta come imprigionata all’interno di questa “sola vita” che le è stata concessa di vivere soprattutto a livello sentimentale.
È una scelta, la mia, mirata per far comprendere maggiormente il dramma psicologico della protagonista focalizzando l’attenzione su questo amore così malato e crudele. Sarà un epilogo inaspettato che le darà la possibilità di riscattarsi forse, in maniera diversa, da ciò che si sarebbe potuto immaginare. Ho voluto dare un risvolto di speranza per il futuro, proprio in linea con la collana editoriale cui sono entrata a far parte: FUTURA».

Una laurea e poi il viaggio in Cina. Cos’ha assorbito il tuo romanzo dalle tue esperienze personali?
«La laurea e il viaggio in Cina hanno rappresentato un traguardo personale per il percorso formativo che avevo intrapreso. La mia tesi sulla scrittrice cinese Zhang Ailing la dice lunga: è stata tra le prime a dare voce alle donne della società orientale contraddistinta da forti retaggi arcaici in cui la figura femminile non aveva mai avuto alcun valore, tutt’altro, era considerata un mero oggetto. Nella mia forma mentis c’è tanto di femminile ma non femminista. Di ritorno dal mio viaggio in Cina, dove ho potuto vivere da vicino questa affascinante e millenaria cultura orientale, ho deciso di tatuare un’araba fenice, che nella cultura cinese rappresenta l’imperatrice, la massima espressione della femminilità, dotata di una forte carica vitale e determinazione, non a caso questo animale mitologico muore bruciando e risorge dalle sue stesse ceneri: questo viaggio mi ha segnata, e non poco. La mia Marta tocca il fondo per poi, a mano a mano, risalire, “muore” per poi tornare a vivere ricominciando da se stessa».

Quanto la tua vita accanto ai libri ha influenzato la tua indole letteraria?
«Era il 26 ottobre 2013, io neolaureata ero stata catapultata dall’università direttamente nel mondo lavorativo, a soli 23 anni era riuscita ad ottenere importanti traguardi. Tre anni fa cominciava la mia avventura nel magico mondo dei libri!
Grazie al titolare della libreria, io oggi faccio parte di questa grande famiglia Mondadori. Ho potuto coltivare la mia passione per la lettura e scoprire questa mia “vocazione” per la scrittura: è così che ho cominciato ad imprimere sulla carta le mie emozioni, così è nata la mia Marta».

Oltre lo stile, così acuto e maturo, colpisce anche la struttura del romanzo, con le citazioni a inizio di ogni capitolo: è la volontà dell’autrice di indirizzare il lettore nel suo universo?
«Sì, attraverso le citazioni ho voluto “anticipare” ai miei lettori il contenuto di ogni capitolo, come a darne una chiave di lettura per comprendere al meglio il messaggio, che palesemente e non, ho voluto trasmettere con ogni singola parte del mio scritto».

Hobby e/o interessi particolari?
«Sarebbe scontato dire che ho una grandissima passione per la lettura, anche se ho dei gusti particolari in ambito letterario, al commerciale preferisco fare una ricerca accurata e mandare a ritirare dei libri un po’ fuori dal comune, mi vengono in mente i libri sulla grande artista messicana Frida Khalo o su Dalidà.
Amo scrittrici come Evita Greco, Concita De Gregorio, Matilde D’Errico, Margaret Mazzantini, insomma delle donne con grande personalità femminile in tema di scrittura.
Sono un’amante del cinema, prediligo il genere horror, thriller e di grande suspense, con enfasi psicologica, ma mi piacciono anche i film drammatici o le commedie dal sano umorismo.
Pratico nuoto, uno sport che mi permette di scaricare le tensioni sia fisiche che psicologiche, penso che l’acqua sia per me un elemento caratterizzante. Infine, sono una patita della fotografia, chi mi conosce sa che adoro immortalare ogni singolo momento o persona perché ritengo che le fotografie catturino in uno scatto tutte le emozioni».