“Sulla composizione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento siciliano siamo pronti al dialogo con tutte le forze politiche”

E’ quello che dice Giuseppe Milazzo, neocapogruppo di Forza Italia all’Assemblea regionale siciliana dopo che una lunga serie di confronti non sembrano avere portato ad un accordo blindato in vista della prima seduta dell’Ars convocata per domani alle 10.

“Non mi sto inventando niente di nuovo – prosegue Milazzo -, poiché questa è la linea che è stata stabilita nella riunione di maggioranza svoltasi due giorni fa, nella quale tutti i partiti hanno convenuto sul fatto che tutti gli schieramenti devono avere una giusta rappresentanza istituzionale all’interno dell’Ufficio di presidenza dell’Ars”.

In pratica la maggioranza non ha fatto altro che ribadire che regolamento d’aula e cortesia istituzionale vadano rispettati pur rivendicando, oltre la Presidenza, anche la vice presidenza vicaria. Di fatto ciò significa che la maggioranza, nell’ufficio di Presidenza che sarà di nove membri fisso da questa legislatura (senza le integrazioni che lo portavano in passato a 11 o 12 membri, avrà il presidente e il vice presidente vicario, un deputato questore e un deputato segretario, i 5 stelle la seconda vice presidenza, un deputato questore e un deputato segretario e il Pd un deputato questore ed un deputato segretario.

“Ciò tuttavia non ha nulla a che vedere con l’azione politica che ogni schieramento legittimamente porterà avanti – conclude il capogruppo azzurro -, bensì serve a garantire che il Parlamento funzioni correttamente e speditamente, essendo l’Ufficio di presidenza chiamato a svolgere un ruolo importantissimo di interpretazione del regolamento, di decisione del calendario, insieme ai capigruppo, a dirimere questioni di interesse dell’Aula, ad aiutare a risolvere situazioni che potrebbero rallentare l’attività legislativa. Questa é la posizione ufficiale della maggioranza, che auspica la collaborazione e il coinvolgimento di tutte le forze politiche, a sostegno di un virtuoso percorso istituzionale”.

Dunque tutto regolare verso l’elezione di Gianfranco Miccichè a presidente dell’Ars? Non sembra essere proprio così. Non sembra esserci ancora accordo fra maggioranza e Pd nonostante ieri il partito democratico abbia tenuto una lunga riunione che ha sancito una sorta di ‘pace armata’. Di fatto il segretario Fausto Raciti è stato commissariato affiancandogli, nelle trattative per la ritrovata compattezza e per andare al voto domani, il presidente del partito, il renziano Giuseppe Bruno. Non una mossa di grande valore politico e spesso ma solo una intermedia soluzione alla ricerca di altre soluzioni che vengano percepite all’esterno come pace.

Ma di fatto la cosa importante è che non si sia proceduto ad eleggere il capogruppo. C’era, infatti, chi puntava ad una scelta prima di domani per evitare che, passata la scorpacciata dell’elezione dell’ufficio di presidenza, gli appetiti di chi è rimasto a digiuno vadano ad insidiare chi davvero punta a quel posto ovvero i big del partito palermitano (Cracolici e Lupo ma con una puntata in questa direzione anche del trapanese ex assessore alla sanità Baldo Gucciardi).

In questo clima per la maggioranza trattare con il Pd non è semplice ma a Miccichè i voti dei suoi non bastano. Non bastano a prima votazione qjuando ne servirebbero i due terzi, ma non bastano neanche quando si passa a maggioranza assoluta quando gliene servirebbero 36. In realtà la maggioranza ha 36 voti ma il deputato della Lega Tony Rizzotto non è noto come voterà ed è probabile che non porti il proprio consenso a Miccichè. Ma anche dentro la maggioranza e la stessa Forza Italia i delusi dalla formazione della giunta non sono pochi e si valuta che di conseguenza i franchi tiratori possano essere fra 6 e 7.

Allora tanti sono i voti da reperire. In questa situazione i 5 stelle, che puntano su Giancarlo Cancelleri vice presidente, non sembrano avvicinabili visto che, a conti fatti, i loro 20 deputati su 70 valgono già praticamente in automatico un vice presidente, un questore e un segretario. Per ottenere qualcosa da loro bisogna offrirgli altro e non c’è nulla che la maggioranza possa offrire viste già le ristrettezze dal punto di vista delle poltrone. Il gioco pentastellato domani sarà, quindi, cercare di portare la votazione al terzo turno ed ottenere un rinvio della seduta. A quel punto la situazione si complicherà. Tenere i deputati in aula anche sabato non sarà semplice e un eventuale rinvio a lunedì potrebbe far crescere i malumori interni alla maggioranza.

E il Pd? Anche lì occorre dare qualcosa al secondo partito dell’opposizione o almeno ai renziani se si vuole ottenerne i voti. Proprio i renziani sono, infatti, sette: tanti quanti ne servono a Miccichè.

E qui nasce l’idea di iniziare a parlare delle presidenze delle Commissioni che fino ad ora non sono stati argomento di trattativa. Ma parlando di commissioni ci sono altri problemi sul tavolo. Chi ha fatto la riforma portando da 90 a 70 i deputati ha anche portato le commissioni da 15 a 13 membri ciascuna ma ha fatto male i conti. Prima ogni deputato aveva un posto in una commissione, adesso i deputati sono 70 e i posti 78. E dividere 8 per 70 porta sempre ad un resto. Insomma i numeri non tornano mai e restano solo 24 ore per discutere.

 

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