Contatti con trafficanti di uomini libici e un ruolo attivo nell’organizzazione dei viaggi di migranti verso le coste siciliane: sono gli elementi d’indagine nuovi che, per i pm di Palermo, confermerebbero che l’eritreo sotto processo per tratta, arrestato ed estradato dal Sudan nel 2015, è quello che per anni hanno cercato. Nessun errore di persona, come sostengono i legali dell’africano imputato davanti alla corte d’assise di Palermo.

Che si chiami Mered Medhanie Yedhego o, come ritenuto dai difensori, Mered Tasmafarian Behre, in cella dal 23 maggio 2016, ne sono certi i pm, c’è uno dei più importanti e spietati trafficanti di uomini dell’Africa.

Gli elementi nuovi che consoliderebbero il quadro accusatorio arrivano dopo una attività integrativa d’indagine partita dall’analisi del cellulare sequestrato all’eritreo al momento dell’arresto. In 100 pagine, depositate agli atti del processo, la Mobile e lo Sco illustrano le nuove prove che servono alla Procura a contestare all’imputato due ulteriori episodi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e associazione a delinquere e a chiederne l’estensione dell’estradizione. Fino a qualche giorno prima di essere arrestato l’eritreo, emergerebbe dalle nuove prove, avrebbe organizzato viaggi della speranza verso la Sicilia, avuto contatti con trafficanti che gestivano la casa lager in cui gli extracomunitari vengono tenuti prigionieri in Libia prima di prendere il mare e “mediato” con parenti dei rifugiati i pagamenti, fino a 2000 dollari, per il viaggio.

Incrociando i numeri dei personaggi che l’imputato contattava tramite Viber si è arrivati a due utenze usate anche all’interno della casa lager. Inoltre gli investigatori hanno accertato che Mered era in contatto e stava organizzando il viaggio di tre connazionali che realmente sono arrivati in Sicilia, dopo il suo arresto, il 20.7.2016 con la nave della Marina Militare italiana “Borsini”.

Mered dal Sudan era anche in contatto con numeri telefonici italiani che appartengono a un uomo e una donna, marito e moglie.

“Il 15 maggio 2016 – secondo gli investigatori -, quindi nove giorni prima del suo arresto, il telefono dell’indagato comunicava 11 volte, attraverso Viber, con l’utenza italiana registrata sul telefono con il nominativo “Fisha”, scrive la polizia. Indagato per ricettazione e sostituzione di persona ed arrestato per sequestro di persona, maltrattamenti in famiglia e atti persecutori, Fisha sarebbe stato indicato dal legale di Mered come un suo familiare nell’istanza per l’ammissione al colloquio con il detenuto. Per la Procura, invece, l’uomo potrebbe essere uno dei tramiti tra l’eritreo e l’organizzazione criminale.

(foto di repertorio)