A soffiare sul Petrolchimico di Priolo non è solo l’afa ma un pericoloso vento di crisi che sconcerta le comunità. Lo sanno bene i sindaci della zona industriale ed i sindacati che manifestano non poca preoccupazione, del resto quando le nubi si posano sull’asset economico più importante del territorio, capace di produrre il 60% del Pil, non c’è da starsene tranquilli.
La chiusura dell’impianto Versalis
Dal primo di luglio si sono fermate le produzioni di cracking e di aromatici dell’impianto Versalis per procedere al piano di riconversione dello stabilimento che diventerà una bioraffineria e stando a quanto prospettato dall’Eni i lavoratori saranno assorbiti quando l’impianto entrerà a pieno regime anche se su questo aspetto tanti dubbi sono stati sollevati non solo dalla Cgil ma anche dal deputato regionale del Mpa-Grande Sicilia nonché sindaco di Melilli, Peppe Carta, per il quale le garanzie non sono sufficienti.
Il confronto con Gela
Il paragone con la raffineria di Gela salta all’occhio, del resto nell’impianto del Nisseno si producono dal 2019 biocarburanti, come quelli che verranno “sfornati” da Priolo. Un’operazione che ha, comunque, comportato una riduzione della forza lavoro rispetto a quando stava in piedi la raffineria.
L’irritazione dei sindacati
Nei giorni scorsi, i vertici del colosso italiano sono stati a Siracusa, incontrando nella sede di Confindustria, le aziende ma all’incontro non sono stati invitati i sindacati.
“In un momento particolarmente delicato, segnato dalla fermata di tutti gli impianti e dall’avvio del percorso di riconversione industriale, sarebbe stato fondamentale un incontro tra l’azienda ai massimi livelli e il sindacato. Tale confronto avrebbe rappresentato un segnale importante e rassicurante per i lavoratori e per l’intero territorio” scrivono in una nota Fiorenzo Amato, Alessandro Tripoli e Giuseppe Di Natale, segretari generali di Filctem, Femca e Uiltec Siracusa.
Il caso Sasol, Uiltec, “rischio di uscita è una ipotesi”
Come da sempre va ripetendo la Cgil, con il segretario generale di Siracusa, Roberto Alosi, il timore di un effetto domino sulla zona industriale, alla luce del cambio di passo dell’Eni, è concreto, soprattutto perché l’ormai ex impianto di cracking serviva altri player del Petrolchimico, come Isab e Sasol.
Per quest’ultima, c’è un piano di 65 esuberi, a seguito della riorganizzazione aziendale e della chiusura di alcuni impianti, fortemente contestata dalla Uiltec. “C’è una scelta aziendale di ristrutturazione – dice Andrea Bottaro, segretario della Uiltec Sicilia – per cui il rischio che gli esuberi diventino licenziamenti è alto. Certo, non possiamo escludere una possibile decisione di disimpegno da parte di Sasol ad Augusta”.
Le nubi su Isab ed il rapporto con Trafigura
Non se la passa benissimo nemmeno Isab, proprietaria delle due raffinerie di Priolo, e controllata da Goi Energy, che ha preso il posto dei russi della Lukoil. “Per la prima volta in tutta la storia del Polo industriale siracusano l’Isab è entrata in sofferenza, subendo uno squilibrio economico e finanziario che ha costretto la proprietà ad un concordato pre-crisi” aveva detto nei mesi scorsi il segretario della Cgil, Alosi, paventando un futuro incerto per la raffineria e per il gigantesco indotto attorno ad esse.
Un ruolo chiave in Isab lo ha Trafigura, uno dei più importati trader che commercia materie prime, tra cui petrolio, condizionando, dunque il destino delle raffinerie. E stando ad alcune fonti giornalistiche, tra cui Starmag, ci sarebbero delle tensioni, in virtù di un accordo per la fornitura di greggio più favorevole a Trafigura che starebbe incidendo sui profitti della raffineria.
Di contro, i vertici della società di trading si sarebbero difesi parlando di condizioni di mercato piuttosto difficili, auspicando più investimenti per il miglioramento della produzione. Insomma, nulla di sereno sotto il cielo, inoltre, come più volte affermato dal senatore del Pd, Antonio Nicita, non ci sono fondi, messi a disposizione dallo Stato, nonostante l’Isab sia stata dichiarata sito di interesse strategico nazionale, per una robusta riconversione delle raffinerie.






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