Flottiglia per Gaza, ma divisa al suo interno: proteste per la presenza di attivisti LGBTQ+ e accuse di strumentalizzazione.

La Global Sumud Flotilla, iniziativa navale internazionale in viaggio verso Gaza con l’obiettivo dichiarato di rompere simbolicamente il blocco navale e consegnare aiuti umanitari, continua a far discutere. Ma questa volta non è la politica internazionale o la tensione sul campo a tenere banco, bensì le polemiche interne tra i partecipanti. Al centro dello scontro: la presenza a bordo di attivisti della comunità LGBTQ+ e l’accusa di voler politicizzare ulteriormente la missione.

Dimissioni e accuse: la frattura nel fronte tunisino

Il caso è esploso il 16 settembre, quando il coordinatore tunisino della flottiglia, Khaled Boujemâa, ha annunciato le sue dimissioni. Secondo quanto riportato dalla rivista Le Courrier de l’Atlas, Boujemâa ha motivato la sua decisione come segno di protesta contro la presenza a bordo dell’attivista Saif Ayadi, che si definisce un «attivista queer».

A Biserta, secondo scalo tunisino della missione, Boujemâa ha pubblicato un video sui social in cui ha dichiarato: «Ci hanno mentito sull’identità di alcuni dei partecipanti in prima linea nella Flottilla, accuso gli organizzatori di averci nascosto questo aspetto».

Una presa di posizione netta che ha rivelato divergenze profonde tra gli attivisti che dovrebbero condividere un unico obiettivo: fornire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza.

Anche altri attivisti si dissociano

Mariem Meftah: “Questa non è la mia battaglia” – A distanza di poche ore dalle dimissioni di Boujemâa, anche l’attivista Mariem Meftah ha pubblicato un messaggio di dissociazione. Sempre secondo quanto riportato da Le Courrier de l’Atlas, Meftah ha scritto: «L’orientamento sessuale di ognuno è una questione privata […]. Ma essere un attivista “queer” significa toccare i valori della società e intraprendere un percorso che rischia di mettere i miei figli e i miei cari in una situazione che rifiutiamo. Mi rifiuto di offrire a mio figlio un cambio di sesso a scuola. Non perdonerò coloro che ci mettono in questa situazione; dovremo parlarne perché ad alcune persone piace oltrepassare la linea rossa o l’hanno già oltrepassata. Invito tutti a riparare l’errore commesso contro le persone che hanno donato il loro sangue affinché questa Flottilla possa vedere la luce del sole».

Il messaggio è stato condiviso da numerosi utenti, creando un’ondata di reazioni contrastanti sui social, tra chi sostiene la posizione di Meftah e chi ne contesta la natura esclusiva.

Una missione con più anime ma anche più contraddizioni

Identità LGBTQ+ e causa palestinese: uno scontro culturale? – Le divergenze emerse non sono nuove, ma mettono ancora una volta in evidenza la fragilità di alcune alleanze nel mondo dell’attivismo internazionale. La presenza di attivisti LGBTQ+ sulla flottiglia è stata intesa da alcuni come un tentativo di includere nella causa palestinese una dimensione universale dei diritti civili. Tuttavia, per altri – come dimostrano le dimissioni di Boujemâa – questo si traduce in un conflitto con visioni religiose o culturali tradizionali.

Samir Elwafi: “La Palestina è una causa religiosa” – Il presentatore tunisino Samir Elwafi si è espresso pubblicamente in difesa di Boujemâa e Meftah, ribadendo che la Palestina è prima di tutto una causa dei musulmani e che non può essere separata dalla sua dimensione spirituale e religiosa. La sua posizione ha ricevuto ampio sostegno in ambito conservatore e religioso, ma ha anche alimentato le critiche da parte di chi vede nella missione un’iniziativa laica e inclusiva.

Nonostante tutto, la flottiglia prosegue

250 tonnellate di aiuti in viaggio verso Gaza – Nonostante il clima di tensione interna, la missione della Global Sumud Flotilla non si è fermata. Le navi stanno proseguendo il loro percorso verso la Striscia di Gaza, con l’obiettivo di consegnare circa 250 tonnellate di aiuti alimentari e generi di prima necessità. Il blocco navale imposto da Israele rimane in vigore, e la flottiglia intende sfidarlo simbolicamente, anche se le possibilità di attracco restano remote.

Critiche dalla politica italiana: “Aiuti irrisori, rischi alti”

Anche in Italia il caso ha generato reazioni. Il vicepresidente della Camera dei deputati, Fabio Rampelli, ha criticato duramente la missione, pubblicando un commento sulle sue piattaforme social. Rampelli ha definito la flottiglia come “un viaggio che si propone di portare nella Striscia aiuti irrisori”, mettendo in discussione la sua reale utilità rispetto a operazioni governative strutturate come “Food for Gaza”.

Nel suo messaggio, Rampelli ha dichiarato: “Lite tra i coordinatori della Freedom Flotilla, con dimissioni e accuse pubbliche, poiché la componente islamica trova che gli attivisti LGBT partecipanti all’iniziativa abbiano ‘Valori diversi dai nostri’. Come volevasi dimostrare, le contraddizioni dell’estremismo di sinistra vengono al pettine. Nonostante le molteplici prove di sodalità con Hamas, la flottiglia continua a sostenere un’viaggio che si propone di portare nella Striscia aiuti irrisori rispetto a quelli continuativamente consegnati dall’Italia con la campagna del governo Meloni ‘Food for Gaza’. Peggio, non è previsto alcun piano per mettere le donazioni in sicurezza dalle mani del contrabbando di Hamas, con cui ricatta la popolazione. Continuerà questo supporto anche ora che vengono discriminate persone omosessuali?”.