Come può chi lavora per alleviare la sofferenza diventare il portatore di morte?
È la domanda che la Germania si è posta dopo il caso dell’”angelo della morte“, un infermiere condannato all’ergastolo per aver ucciso dieci pazienti e tentato di ucciderne altri ventisette.
Ieri, giovedì 6 novembre 2025, il Tribunale di Acquisgrana ha emesso una sentenza che non lascia spazio a dubbi: ergastolo senza possibilità di rilascio anticipato. Una decisione che chiude, almeno per ora, uno dei capitoli più bui della sanità tedesca recente.
Il caso ha scioccato l’opinione pubblica non solo per il numero delle vittime, ma anche per il modo in cui i fatti sono stati scoperti e per le motivazioni dichiarate dall’uomo, rimasto ufficialmente anonimo, ma ormai noto in tutta Europa per la crudeltà dei suoi atti.
La dinamica degli omicidi: un reparto trasformato in trappola notturna
Tra dicembre 2023 e maggio 2024, l’infermiere – un uomo di 44 anni, formato come professionista sanitario nel 2007 e in servizio a Wurselen dal 2020 – ha agito durante il turno di notte nel reparto di cure palliative dell’ospedale.
Secondo quanto emerso durante il processo, l’uomo somministrava dosi elevate di morfina e midazolam, un sedativo potente, ai pazienti, molti dei quali anziani. Le dosi non erano prescritte, ma iniettate di nascosto per sopprimere i sintomi… e la vita. Le sue vittime non avevano possibilità di difendersi: spesso erano in condizioni già fragili e vulnerabili. Per molte di esse, l’ultima notte di vita è passata inosservata fino all’autopsia.
Le motivazioni dell’imputato: “Il sonno è la migliore medicina”
Durante il processo, il 44enne ha negato di voler uccidere, sostenendo che la sua intenzione fosse semplicemente quella di “far riposare le persone che stavano male”. Davanti alla corte ha dichiarato: «I pazienti dovrebbero dormire, perché il sonno è, dopotutto, la migliore medicina». Una visione distorta del proprio ruolo, che la corte ha ritenuto non solo irresponsabile ma anche pericolosa, definendolo un uomo con una “particolare gravità della colpa”. Secondo la legge tedesca, questa dicitura impedisce la liberazione condizionale dopo 15 anni, un’opzione normalmente prevista per i condannati all’ergastolo.
Le indagini: un passato da esaminare e nuove vittime possibili
L’arresto del killer è avvenuto nel 2024, ma le indagini sono tutt’altro che concluse. Le autorità hanno deciso di riesumare alcune salme per verificare la presenza di sostanze sospette e identificare altre possibili vittime. Non è escluso, infatti, che l’infermiere abbia agito anche prima del 2023. Le autorità stanno riesaminando l’intera carriera dell’uomo, compresi i suoi precedenti incarichi, per verificare l’eventuale presenza di schemi ricorrenti o morti sospette mai collegate finora.
I pubblici ministeri hanno anche segnalato che, durante gli interrogatori, l’uomo mostrava un atteggiamento di fastidio nei confronti dei pazienti che richiedevano maggiori cure. Un comportamento che si rifletteva in una mancanza di empatia e nella volontà di alleggerire il proprio carico di lavoro piuttosto che prendersi cura degli assistiti.
Un profilo disturbato: narcisismo e disturbo della personalità
La perizia psichiatrica, depositata durante il processo, ha diagnosticato tratti narcisistici e un disturbo della personalità. Secondo gli esperti, il 44enne non ha mai desiderato davvero lavorare come infermiere e mostrava un atteggiamento di rifiuto verso la sofferenza altrui.
Eppure, in quanto professionista sanitario con formazione certificata, era perfettamente consapevole delle conseguenze di una somministrazione eccessiva di morfina o sedativi. Una contraddizione che ha aggravato la sua posizione in aula.
Un precedente inquietante: il caso Niels Högel
Il processo ha inevitabilmente fatto riemergere nella memoria collettiva il caso di Niels Högel, un altro infermiere tedesco condannato nel 2019 all’ergastolo per aver ucciso 85 pazienti tra il 1999 e il 2005.
Anche in quel caso, l’assassino era un operatore sanitario che agiva somministrando dosi letali di farmaci a pazienti fragili, passando inosservato per anni. La somiglianza tra i due casi ha riportato l’attenzione pubblica sulla vulnerabilità dei sistemi ospedalieri.
Le misure preventive: cosa può fare il sistema sanitario
Dopo il verdetto, diverse associazioni sanitarie hanno richiesto nuove linee guida e protocolli più severi nei reparti di cure palliative, comprese:
- Verifiche regolari e casuali sulle somministrazioni notturne
- Doppia firma obbligatoria per l’utilizzo di farmaci ad alto rischio
- Sistemi di monitoraggio elettronico dei farmaci
- Presenza minima garantita di due operatori per turno
La speranza è che la tragedia di Wurselen diventi un monito per tutta la sanità europea, affinché nessun altro paziente debba subire un destino simile per mano di chi avrebbe dovuto proteggerlo
FAQ – Le domande che i lettori si pongono
- Chi era l’infermiere condannato? L’identità dell’uomo non è stata resa pubblica, ma si tratta di un 44enne con esperienza e formazione professionale.
- Perché ha ucciso i pazienti? Lui sostiene di aver voluto alleviare la sofferenza dei pazienti; la corte ha ritenuto che lo abbia fatto per ridurre il proprio carico di lavoro.
- È stato condannato all’ergastolo? Sì. La sentenza prevede anche l’esclusione dalla possibilità di rilascio anticipato dopo 15 anni.
- Ci sono altre vittime? Le autorità stanno riesumando alcune salme per accertare se ci siano altri casi non ancora scoperti.
- Ci sono stati casi simili? Sì. Il più noto è quello di Niels Högel, condannato nel 2019 per l’omicidio di 85 pazienti.
Fonti principali
Foto: Oliver Berg – AFP.






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