Con la chiusura anticipata dei fondi Transizione 5.0, migliaia di imprese italiane si ritrovano sospese, in attesa di soluzioni dal governo.
Il rubinetto si è chiuso. All’improvviso e con una secchezza che pochi si aspettavano. Il piano Transizione 5.0, uno degli assi portanti del PNRR per traghettare le imprese italiane verso un’economia più digitale e sostenibile, ha raggiunto il capolinea. E non perché il tempo fosse scaduto. Ma perché sono terminati i soldi.
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), con un decreto firmato dal Direttore Generale Paolo Casalino e pubblicato oggi, 7 novembre 2025, ha sancito l’esaurimento dei fondi: 2,5 miliardi di euro di crediti d’imposta prenotati, che chiudono la finestra degli incentivi almeno per il momento (fonte: Economy Magazine).
Una notizia che ha colto di sorpresa migliaia di aziende, molte delle quali avevano già pianificato gli investimenti, contavano sugli sgravi e ora si ritrovano… in lista d’attesa.
Un piano partito con grandi promesse
Lanciata nel 2024 e potenziata nel 2025 con fondi provenienti dal capitolo RePowerEU del PNRR, Transizione 5.0 nasceva con un obiettivo chiaro: favorire la digitalizzazione e la decarbonizzazione del tessuto industriale nazionale. Gli strumenti? Crediti d’imposta dedicati a chi investe in:
- tecnologie 4.0
- sistemi produttivi efficienti
- software per la gestione intelligente dei processi
- interventi per ridurre il consumo energetico
Una visione strategica per rendere competitivo il sistema produttivo, soprattutto nelle PMI, e per raggiungere al tempo stesso gli obiettivi ambientali fissati dall’Unione Europea (fonte: EnergiaOltre.it).
Fondi transizione 5.0: il budget ridotto e la corsa agli incentivi
Il piano partiva con 6,3 miliardi di euro. Ma una rimodulazione del PNRR, concordata con la Commissione Europea, ha drasticamente ridotto il budget a 2,5 miliardi. Il motivo? L’avvio troppo lento del programma, che ha convinto il Governo a dirottare 3,8 miliardi verso altri interventi più urgenti o facilmente realizzabili (fonte: AgendaDigitale.eu).
Una scelta politica, certo. Ma anche una scommessa rischiosa, perché quando finalmente le aziende hanno cominciato a muoversi in massa, i fondi si sono bruciati nel giro di poche settimane. Secondo le stime, migliaia di imprese hanno presentato richiesta, in particolare nei settori meccanico, chimico, agroalimentare ed energia.
La doccia fredda: bonus esauriti, imprese congelate
Ora le aziende che inviano le richieste non ricevono più la conferma del credito d’imposta, ma una “ricevuta di indisponibilità delle risorse”. È una lista d’attesa vera e propria, senza garanzia di accesso ai fondi. Le pratiche saranno eventualmente sbloccate solo in caso di rinunce o riduzioni da parte di chi aveva già ottenuto l’approvazione.
Nel frattempo, il GSE ha sospeso temporaneamente il portale di prenotazione per aggiornare il sistema alle nuove modalità. Una pausa forzata che, in pratica, congela il programma in attesa di novità dal Governo.
Imprese spiazzate e consulenti in difficoltà
Molte aziende, incoraggiate dalle semplificazioni introdotte solo pochi mesi fa, avevano pianificato gli investimenti puntando a finalizzare le richieste entro la fine del 2025. E ora si trovano senza certezze. Lo stesso vale per tante società di consulenza che avevano raccolto progetti in blocco ma aspettavano i dati certificati per chiudere le pratiche. Tutti ora sono fermi, in attesa di capire se ci saranno rifinanziamenti o se dovranno rimandare tutto al 2026 (fonte: QualeEnergia.it).
Verso una “salvaguardia” per chi ha già investito
Consapevoli dell’impatto sul sistema produttivo, i tecnici del MIMIT stanno lavorando a una possibile soluzione di salvaguardia per le imprese che hanno già avviato gli investimenti. Lo riporta Il Sole 24 Ore, secondo cui il Ministero vuole evitare di penalizzare chi ha agito in buona fede seguendo le regole iniziali.
Nessuna certezza al momento, ma l’idea di uno scudo protettivo per progetti avviati sembra essere tra le priorità del Governo.
Un nuovo piano nel 2026: si torna ai maxi ammortamenti
Il 2025 si chiuderà con molte domande inevase e una fiducia da ricostruire. Tuttavia, già si guarda avanti. Nel disegno di legge di bilancio è prevista una nuova versione di Transizione 5.0, in partenza nel 2026, con una dotazione da 4 miliardi di euro. Cambia anche l’approccio: via i crediti d’imposta, tornano i maxi ammortamenti, più semplici da gestire e meno soggetti a intoppi burocratici. Un ritorno al passato che potrebbe rivelarsi più funzionale, soprattutto per le PMI che avevano faticato a decifrare le regole attuali.
Lo sapevi che…?
- La Transizione 5.0 è stata una delle prime misure europee a integrare transizione digitale e ambientale in un’unica politica industriale.
- Secondo il MIMIT, la risposta delle imprese è andata oltre le aspettative, con domande presentate da ogni settore e area geografica del Paese.
- Il portale GSE resterà chiuso fino a nuovo aggiornamento, ma le imprese possono comunque presentare domanda entro il 31 dicembre 2025.
FAQ – Domande frequenti sulla Transizione 5.0
Cosa significa che i fondi sono esauriti?
Che i 2,5 miliardi disponibili sono stati interamente prenotati. Le nuove domande ricevono solo una ricevuta d’attesa.
Posso ancora fare richiesta?
Sì, fino al 31 dicembre 2025. Ma il beneficio sarà possibile solo se si liberano fondi.
Cosa succede se ho già iniziato un investimento?
Il MIMIT sta valutando una “clausola di salvaguardia” per chi ha già avviato i progetti.
Ci sarà un nuovo bando?
Sì, nel 2026 è previsto un nuovo piano con 4 miliardi di euro e un ritorno agli ammortamenti.
I fondi potrebbero essere rifinanziati prima del 2026?
Dipende dalla revisione del PNRR attualmente in corso a Bruxelles.






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