Il Gup Marco Petrigni ha condannato in abbreviato Paolo Suleman, ritenuto il nuovo reggente del mandamento di Pagliarelli, a 19 anni di reclusione e Rosario Lo Nardo e Giuseppe Marano rispettivamente a 15 anni, dieci mesi e dieci giorni e 14 anni e quattro mesi, ritenuti i suoi fedelissimi.
Secondo l’accusa i tre sarebbero subentrati a Gianni Nicchi, fedelissimo del padrino Nino Rotolo e per anni uno dei boss emergenti di Cosa nostra palermitana, oggi detenuto al 41 bis. L’operazione dei carabinieri era scattata il 19 marzo dell’anno scorso. L’inchiesta aveva documentato come i tre avessero assunto il comando del gruppo dopo l’arresto di Filippo Annatelli, gestendo in prima persona il racket e mantenendo contatti con gli uomini d’onore di Pagliarelli.
Suleman avrebbe diretto la rete delle estorsioni e provvedeva al mantenimento dei parenti dei detenuti. Ai commercianti della zona veniva imposto un contributo fisso, tra cinquecento e seicento euro, per “aiutare le famiglie” o “fare un pensierino” a chi stava in carcere. Il pizzo veniva riscosso a Natale e a Pasqua, da macellerie, pescherie, e pollerie e, per convincere i commercianti, i tre usavano anche la messa in scena. Prima si presentava Marano: “C’è uno che ti vuole parlare”. Poi arrivava Lo Nardo, che si chiudeva nel negozio fingendo di garantire protezione. In regia c’era Suleman, pronto a usare le maniere forti: “Eh, ma ti deve dare le cose… se babbia… questo non deve babbiare”.
Il 24 novembre del 2022 Suleman avrebbe guidato una spedizione punitiva contro un uomo accusato di avere picchiato la compagna incinta, tanto che la donna era stata ricoverata con il rischio di perdere il bambino. “Si sono ammazzati come i cani – diceva Suleman a Lo Nardo – lei gli ha alzato le mani, lui gli alzava le mani… So che l’hanno portata all’ospedale perché stava abortendo». Decise allora di dare una lezione al responsabile: “Ti devo rompere, prendi la mazza! Ti devo rompere una gamba! Perché tu rispetto per me non ne hai avuto, quella picciuttedda incinta!”
Quando la vittima uscì dal portone di casa, fu aggredita a calci e schiaffi. Implorò di fermarsi, ma i colpi continuarono fino a quando una donna riuscì a separarli. “Lo stava ammazzando, amunì prima che vengono gli sbirri”, avrebbe poi confidato Marano a un conoscente, preoccupato per l’impulsività del capo. Le foto, scattate di nascosto dagli investigatori il giorno dopo, avevano immortalato il malcapitato con una vistosa fasciatura al braccio ma, come si desume da una conversione captata, non aveva parlato con nessuno e non si era presentato al pronto soccorso.






Commenta con Facebook