Vittorio Sgarbi, deputato alla Camera, ha inviato stamane una durissima lettera (cui seguirà una interrogazione al ministro della Giustizia) al Presidente della Repubblica, al Csm e ai magistrati della Cassazione per denunciare quello che considera un grave abuso commesso ad Agrigento ai danni di Giuseppe Arnone, storico esponente della sinistra siciliana il cui nome è legato alle battaglie contro l’abusivismo edilizio e, recentemente, contro la cosiddetta ‘mafia dell’antimafia’, avendo egli denunciato (inascoltato) già nel 2014, con un esposto al Capo della Procura di Palermo Lo Voi, il cosiddetto ‘sistema Montante’, ovvero la rete di collusioni e illegalità che ruotava all’ex leader di Confindustria Sicilia Antonello Montante.

Arnone da tempo, anche attraverso la stampa di pugnaci pubblicazioni, conduce una battaglia di legalità chiamando in causa uomini delle istituzioni: magistrati, poliziotti, amministratori, ex ministri, con esposti circostanziati.

“Pregiatissimo Presidente della Repubblica, Egregi componenti del CSM, illustri magistrati della Suprema Corte di Cassazione, scrivo la presente per sottoporvi quanto è inizialmente accaduto in Sicilia nell’agosto del 2017 e poi – incredibilmente – confermato in Cassazione.

Con la pronunzia n° 8906 del 22 febbraio 2018 della VI Sezione Penale, la Corte di Cassazione ha confermato l’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta con la quale il 25 agosto del 2017 è stato disposto il sequestro, ad Agrigento, di n. 3000 copie di una pubblicazione dal titolo «La Banda Alfano e la Procura a delinquere», editata da Giuseppe Arnone, avvocato e noto esponente politico siciliano.

Il 26 agosto del 2017, vale a dire 24 ore dopo la stampa della pubblicazione, il Pubblico Ministero di Caltanissetta, il dott. David Spina, ha disposto, tramite l’invio della Polizia di Stato in tutte le edicole di Agrigento e provincia, il sequestro della pubblicazione «La Banda Alfano e la Procura a delinquere», ritenendola “calunniosa” sia in danno dell’allora potentissimo ministro dell’Interno Angelino Alfano, sia in danno di una serie di magistrati agrigentini accusati di violare la legge.

Il sequestro (che, lo rimarco per la sua gravità, è stato disposto 24 ore dopo la stampa, stabilendo, quel Pm, in 24 ore la “pericolosità” della pubblicazione) è stato confermato prima dal Gip di Caltanissetta, successivamente dal Tribunale del Riesame di Caltanissetta, e infine – circostanza che non può che inquietare e turbare tutti i democratici e i liberali – dalla VI Sezione della Suprema Corte di Cassazione. Quest’ultima pronunzia della Suprema Corte viola le norme della Costituzione, i principi della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché gli articoli della legge italiana sulla stampa.

Prima di questa sentenza, dal dopoguerra ad oggi, è stata sempre rispettata la libertà di stampa: un giornale o un libro possono essere sequestrati e vietati solo a seguito della sentenza di un Tribunale, divenuta irrevocabile, che accerti il reato di diffamazione. Lo ripeto, Sentenza di un Tribunale divenuta irrevocabile.

La nostra Costituzione e la Convenzione europea vietano la censura preventiva, vietano esattamente ciò che ha fatto la Corte di Cassazione.

In Sicilia, ad Agrigento, a Caltanissetta, invece, è stata sufficiente la valutazione di discrezionalità di un Pubblico ministero, secondo il quale la pubblicazione integrava il reato di calunnia, ritenendo che tale reato si potesse perpetrare con la diffusione del giornale nelle edicole.

L’autore della pubblicazione, l’avvocato Giuseppe Arnone, è un noto esponente politico siciliano di cui parlano ampiamente da anni, ed in modo assolutamente concorde, i collaboratori di giustizia, ricostruendo persino le “ricorrenti discussioni” all’interno di Cosa Nostra in ordine alla programmazione del suo omicidio, in quanto le sue denunce pubbliche avrebbero pregiudicato gli affari di Cosa Nostra nonché quelli di politici ed imprenditori collusi con la mafia.

Dell’avv. Giuseppe Arnone si parla, tra l’altro, quale giovanissimo suo collaboratore, nelle biografie di Paolo Borsellino.

Nella pubblicazione sottoposta a sequestro preventivo (confermato dalla Cassazione), l’avvocato Arnone descriveva il “sistema di potere” ad Agrigento e in Sicilia, ramificato anche nella magistratura e nelle questure, ed il ruolo di Angelino Alfano, ministro dell’Interno in carica all’epoca del sequestro, ricostruendo, forse con troppo anticipo, quella cupola giudiziaria, imprenditoriale e politica che la stampa ha definito “sistema Montante”, diventato di dominio pubblico solo nel maggio 2018 dopo il clamoroso arresto del leader degli industriali Antonello Montante, vero dominus del Governo regionale di Crocetta e Lumia. La pubblicazione sequestrata dal PM di Caltanissetta il 26 di agosto 2017 apriva, infatti, uno squarcio su un sistema di potere e di relazioni ambigue che riguardavano, appunto, tra gli altri, il Presidente della Regione Rosario Crocetta e il senatore Giuseppe Lumia, da molti ritenuto esponente di spicco della cosiddetta ‘antimafia siciliana’. Questo, dunque, il quadro.

Invio, allegata alla presente, una copia della pronunzia della Cassazione che conferma il sequestro della pubblicazione, chiedendomi e chiedendovi: se qualcuno critica, apertis verbis, con coraggio, documenti alla mano, il congiunto operato di politici come Alfano, Lumia e Crocetta, di imprenditori, come Montante, e di settori della Magistratura funzionali alla peggiore politica, forse che nel nostro Paese non si debba più applicare la Costituzione?”