Questa mattina, nei comuni di Castelvetrano, Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Custonaci, i Carabinieri del R.O.S.e del Comando Provinciale di Trapani stanno svolgendo delle mirate attività di perquisizione nei confronti di 25 indagati, ritenuti a vario titolo – grazie alle complessive indagini svolte -fiancheggiatori e favoreggiatori della latitanza di Matteo Messina Denaro.

L’operazione Eris, che vede l’impiego di circa 200 Carabinieri, costituisce un’ulteriore fase dell’articolata manovra investigativa sviluppata dal R.O.S., con il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, per la cattura del predetto latitante, mediante il progressivo depotenziamento dei circuiti di riferimento e il depauperamento delle risorse economiche del sodalizio.

Le perquisizioni dei numerosi obiettivi individuati (tra cui abitazioni, proprietà rurali ed esercizi commerciali) hanno già permesso di arrestare in flagranza di reato due degli indagati, trovati rispettivamente in possesso di pistole illegalmente detenute (una Baby Browning calibro  635 munita di caricatore con 5 colpi e un revolver cal. 22 con 20 cartucce).

Sono state sequestrate apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni, nonché copiosa documentazione, materiale questo che è già al vaglio dei tecnici e degli analisti del R.O.S. e che potrà fornire spunti utili per il proseguo delle investigazioni.

Contestualmente i Carabinieri operanti hanno dato esecuzione al fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo nei confronti di Matteo Tamburello, esponente di spicco della famiglia di cosa nostra di Mazara del Vallo, indagato per associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale.

Al centro di questa indagine sono i mandamenti mafiosi di Mazara del Vallo e di Castelvetrano nel cui alveo sono state documentate qualificate interlocuzioni intrattenute da Tamburello con soggetti riconducibili al reggente del mandamento di Castelvetrano, Gaspare Como, cognato del latitante Matteo Messina Denaro, arrestato sempre dal R.O.S. lo scorso aprile nell’ambito della indagine “Anno Zero”.

Le investigazioni sull’aggregato mafioso mazarese hanno permesso di individuare la fase riorganizzativa degli assetti di vertice, fornendo importanti elementi sulla sua collocazione baricentrica nelle relazioni criminali nella Sicilia occidentale.

Le indagini sul mandamento di Mazara del Vallo

Nell’ambito della manovra sviluppata dal R.O.S. per la ricerca e la cattura del latitante Matteo Messina Denaro, nel novembre del 2015, veniva avviata un’attività investigativa sul mandamento di Mazara del Vallo, storica roccaforte ed influente realtà di cosa nostra trapanese.
Tale aggregato mafioso, secondo le risultanze dell’odierna indagine, continua a rappresentare una entità strategica nelle dinamiche criminali d’area.

Matteo Tamburello, figlio del fu Salvatore (già autorevole esponente del mandamento fino al suo decesso avvenuto nell’agosto del 2017), era stato scarcerato nel novembre del 2015 dopo aver scontato la pena per aver diretto, in qualità di reggente, la famiglia mazarese di cosa nostra fino al 2006; alla scarcerazione Tamburello veniva sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in Mazara del Vallo ove aveva ottenuto un’occupazione presso una cava di calcarenite.

Le indagini del R.O.S., condotte anche grazie all’ausilio di mezzi tecnici, svelavano sin da subito che Tamburello, oltre a coordinare le attività all’interno della cava, era di fatto socio occulto dell’attività imprenditoriale in parola che, peraltro, era stata avviata solo grazie a somme di denaro reperite presso terzi esclusivamente in virtù della autorevolezza (mafiosa) di cui godeva Tamburello a Mazara del Vallo.

Il prosieguo delle indagini avrebbe ben presto svelato che  Matteo Tamburello aveva nuovamente acquisito un ruolo molto attivo nella locale articolazione mafiosa la cui reggenza tuttavia, come già emerso nell’ambito dell’operazione “Anno Zero”, era stata affidata a Dario Messina, soggetto con il quale Tamburello ha avuto comunque contatti riservati.

Dalle indagini svolte è emerso inoltre che Matteo Tamburello, in forza della risalente affiliazione a cosa nostra quale membro di una delle più autorevoli famiglie mafiose mazaresi, aveva nuovamente acquisito un ruolo di rilievo che lo portava ad intrattenere incontri riservati con esponenti di primo livello della medesima consorteria.

Tra i soggetti in rapporti con Tamburello meritano di essere segnalati Vito Gondola (fu reggente del mandamento mafioso mazarese, deceduto a luglio del 2017),  Antonino Cuttone (storico affiliato alla famiglia mazarese e consigliere economico del fu Mariano Agate), Raffaele Urso (anche egli arrestato nell’operazione “Anno Zero”poiché ritenuto al vertice della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara), e Dario Messina che lo incontrava dopo essersi visto poco prima con Gaspare Como (cognato di Matteo Messina Denaro e all’epoca reggente del mandamento di Castelvetrano).

Per collocare nel giusto contesto la sequenza degli incontri riservati tra Dario MESSINA e Gaspare COMO e tra Dario MESSINA e Matteo TAMBURELLO, è altresì necessario considerare che pochi giorni prima, il 13 luglio 2017, era deceduto Vito GONDOLA, per ultimo sottoposto agli arresti domiciliari per ragioni di salute a causa della sua collocazione al vertice del mandamento mafioso di Mazara del Vallo.

Il sostentamento delle famiglie dei detenuti 
Ulteriori elementi a carico di Matteo Tamburello emergevano dalle risultanze delle indagini svolte sul conto di Fabrizio Vinci,imprenditore ritenuto affiliato alla famiglia di cosa nostra di Mazara del Vallo, tratto in arresto a maggio del 2017 dal R.O.S. nell’ambito della indagine “Visir” poiché responsabile di partecipazione ad associazione mafiosa.

Dalle investigazioni emergeva infatti che Vinci aveva sostenuto economicamente Matteo Tamburello quando era detenuto, acquistando da questi un bene strumentale a prezzo fortemente maggiorato.

L’odierno impegno investigativo ha inoltre permesso di dimostrare che il legame tra i due esponenti della medesima consorteria non si è mai interrotto e in tal senso sono stati documentati diversi incontri avvenuti tra Tamburello e Vinci nella cava di calcarenite di fatto riconducibile allo stesso Tamburello.

Nel pieno rispetto delle regole mafiose sulla assistenza ai detenuti, allorquando il 10 maggio 2017 Vinci veniva tratto in arresto, Tamburello si interessava immediatamente affinché venisse fornito adeguato sostentamento alla famiglia dell’affiliato.

I profili economico imprenditoriali delle attività d’indagine

Le indagini hanno infine permesso di appurare che Tamburello programmava di gestire, direttamente e grazie alla collaborazione di un imprenditore mazarese (anch’egli sottoposto a perquisizione dai militari del R.O.S. nell’ambito dell’operazione), cospicui lavori nell’ambito dell’eolico per l’ampliamento di un impianto sito in territorio di Mazara del Vallo, attraverso la palificazione di nuovi aereo generatori.
Tale attività rappresentava per Tamburello l’occasione per poter ripartiree costituiva un vero e proprio programma di infiltrazione mafiosa in uno degli affari più importanti degli ultimi anni sul territorio siciliano ed in particolare trapanese.

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