Da una settimana fa lo sciopero della fame, che “andrà avanti ad oltranza”, dice Enrico Colaianni, 67 anni, ex presidente di Libero Futuro, che protesta contro l’interdittiva antimafia ricevuta dall’associazione antiracket, fondata nel 2007, da parte delle prefetture di Palermo e Trapani.

“Sono sorpreso, nonostante il digiuno sto benissimo” dice, rivendicando la bontà del lavoro svolto in questi anni dall’associazione, che ha assistito oltre 300 imprenditori. Colajanni ha scelto questa forma di protesta per accendere i riflettori sulla necessità di rivedere strumenti come l’interdittiva antimafia e ribadire la correttezza del suo operato. Si alimenta con 3 cappuccini al giorno, sotto il controllo dei medici. “Siamo persone perbene e c’è un impegno sociale da difendere. Di questa vicenda – spiega – si è parlato solo quando c’è stata l’adozione dell’interdittiva prefettizia, uno strumento da rivedere, come sostiene anche il presidente del tribunale di Catanzaro che ne ha scritto sul sito del Consiglio di Stato, motivandone le ragioni”.
Colaianni nei mesi scorsi ha inviato una missiva al ministro degli interni Matteo Salvini e alle commissioni Antimafia nazionale e regionale, senza però “aver avuto risposta. Solo i parlamentari Piera Aiello e Mario Michele Giarrusso – aggiunge – ci hanno ascoltato, dicendoci che si occuperanno delle vicenda quando partiranno i lavori dell’Antimafia nazionale. Libero futuro in questi anni ha assistito oltre 300 imprenditori nei processi, nessuno dei quali indagato. Sono persone che si sono esposte e hanno denunciato”. Poi aggiunge: “Credo che ci stiano facendo fuori perché ci considerano dei rompiscatole. Abbiamo sostenuto le denunce del giornalista Pino Maniaci sul caso Saguto (Silvana, ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, sotto processo a Caltanissetta, ndr) e quella del prefetto Giuseppe Caruso quando era direttore dell’Agenzia per i beni confiscati. Temo ci stiano facendo fuori, ma andrò avanti finché il mio corpo me lo consentirà”.