Diceva Benjamin Franklin studioso inventore e politico americano che “In questo mondo non vi è nulla di sicuro tranne la morte e le tasse”.

In Sicilia questo è vero, ma solo per pochi.

Di questo si  è parlato nella settima puntata di Botta e Risposta la trasmissione di Claudio Di Gesù. L’argomento .. Tasse: troppe o troppo evase?

Hanno preso parte l’avvocato difensore dei diritti dei consumatori Alessandro Palmigiano, la commercialista, Cettina Martorana, e ancora l’imprenditore della sanità, Marco Zummo e il Direttore Regionale dell’Agenzia dell’Entrate, Pasquale Stellacci, il Sindaco di Petralia Soprana Pietro Macaluso, e il giornalista Ignazio Marchese.

Salvatore Caccamo presidente della commissione che amministra il Comune di Castelvetrano, paese del latitante Matteo Messina Denaro, sciolto per infiltrazioni mafiose ha raccontato che nell’ultimo quinquennio il Comune ha avuto una mancata riscossione pari al 65%. Più della metà non pagavano.

La lotta all’evasione, come emerge dagli accertamenti sulle caselle esattoriali, si è assestata all’1,50%. Questo significa che l’evasione era legalizzata.

Il buco fiscale è di 42 milioni di euro e si riferisce alle imposte comunali su rifiuti, immobili, servizio idrico e imposte pubblicitarie non versate dal 2012 al 2017.

Cifre mai riscosse.

Il meccanismo era semplice. Le ingiunzioni fiscali andavano in prescrizione dopo 5 anni, e questo è avvenuto regolarmente. A volte tornavano indietro perché il destinatario, era sconosciuto o incerto, oppure perché il postino non riusciva a consegnare la raccomandata.

I debitori erano i cittadini ma anche le grandi aziende della zona che hanno evaso tasse per milioni di euro.

Qualcuno ha provato a fare i conti in Sicilia di questi mancati introiti e le cifre sono davvero enormi.

Cinquantacinque miliardi di tasse perdute in dieci anni: sarebbero bastati per costruire sette volte il ponte sullo Stretto di Messina.

Circa il 40 per cento dei siciliani non presenta neanche la dichiarazione dei redditi, e chi la presenta tendenzialmente bara, l’analisi dei consumi dice che i contribuenti siciliani spendono 145 euro ogni 100 che ne dichiarano al fisco.

L’intero sistema tributario siciliano sembra fatto apposta per perdercisi dentro. Come tutte le regioni autonome, la Sicilia trattiene direttamente tutte le tasse, comprese Irpef e Iva; sulla regolarità delle dichiarazioni dei redditi vigila però Roma, attraverso gli uffici sull’isola della Agenzia delle Entrate.

Ma le cartelle poi vengono affidate per essere incassate a Riscossione Sicilia: unica regione autonoma a non affidarsi a Equitalia, neanche il Trentino dove l’85 per cento di multe stradali incassate recupera in proprio le cartelle erariali.

Pervenute a Riscossione Sicilia le cartelle si perdono nell’iperspazio.

Per questo il tema riformare la società pare essere al centro del nuovo governo Musumeci.

Fino adesso questo sistema è andato bene a tutti quanti, compresi gli enti locali, a partire dai Comuni che con i crediti per le tasse che non incasseranno mai abbelliscono i bilanci e li rendono in apparenza meno traballanti.

Come si vede alla fine continuano a non pagare tutti.
Ma se tutta procedura andasse a buon fine bisognerebbe fare i conti con i dipendenti infedeli.

E’ quanto emerge dall’ultima operazione Gancio coordinata della procura di Catania e condotta dalla Guardia di Finanza nella quale sono finiti in carcere tre persone e 26 indagati.

Per la procura, “alcuni funzionari di Riscossione Sicilia hanno, nei fatti, operato alle dipendenze di uno studio legale privato non servendo più l’interesse pubblico”.

Adesso si cerca di correre ai ripari. Perché continuando così si va a sbattere. I minori trasferimenti dallo Stato a Regioni e Comuni provocano uno stato di crisi ormai diffuso.

Il caso Catania con il Comune in default con dipendenti e fornitori senza soldi è un esempio chiaro di quello che si rischia continuando a tollerare l’evasione.

Bisogna invertire rotta. C’è qualche timido segnale e qualche esempio.

Il primo consigliere comunale di Terrasini, paese in provincia di Palermo, decaduto per le tasse non pagate. La legge è del 2000, è stata applicata per la prima volta portando alla decadenza del consigliere nel 2018 dopo una sentenza della Corte d’Appello.

Ci sono Comuni come quelli di Palermo che stanno mettendo in rete ed intrecciando i dati la Sispi, la società informatica, il settore tributi e quelli del comando dei vigili urbani per cercare di stanare gli evasori dei tributi comunali.

O ancora la firma di un protocollo d’intesa con l’Agenzia delle entrate che consente di rafforzare il controllo degli evasori dell’Imu per recuperare a tassazione superfici non dichiarate e verificare l’allineamento fra la categoria catastale e l’effettivo uso dell’immobile.

Infine siccome sulla Tari, la tassa sui rifiuti, l’evasione in Sicilia, sempre secondo Crif Raiting, vale il 38% della tassa sull’immondizia quantificata: 77 euro pro capite, è stata proposta l’idea di inserire questo tributo nella bolletta dell’Enel così come successo per il canone Rai.

Infine si sta cercando di creare anche in Sicilia un sistema Portogallo per rivitalizzare un po’ la nostra economia.

Tasse ridotte a un forfait del 7% per 5 anni per i pensionati residenti all’estero da almeno 5 anni che scelgano di venire, o tornare, in Sicilia.

È una norma che è stata inserita nel disegno di legge di stabilità per il 2019, attualmente all’esame dell’Ars.

Diceva Enzo Biagi “Questo è da sempre uno Stato che, invece di far pagare un po’ meno a tutti, perseguita solo qualcuno: ti picchia quando sei già incatenato”.

Chi paga e ha sempre pagato le tasse come alcune categorie di lavoratori spera di vedere spezzate queste catene.

La rivoluzione francese iniziò al grido della borghesia niente tasse senza rappresentanza politica. Sempre in Francia i gilet gialli scendono in piazza perché stanchi di essere loro a pagare per un sistema ingiusto.