Il mondo per i genitori di Leonardo è crollato alle 14.47. I medici sono usciti dalla rianimazione e hanno detto al padre Luca Cavallaro che non c’era più da fare.

Il nonno Angelo Cannizzaro endocrinologo del Policlinico era anche lui li. Per trentasette minuti sono rimasti senza fiato nel reparto di rianimazione del Policlinico.

Non ha smesso di piangere il padre e sino all’ultimo ha sperato nel miracolo e che i dottori facessero ripartire il cuoricino del piccolo Leonardo, due anni appena, un bimbo vispo dagli occhi grandi che aveva riempito di gioia tutta la famiglia.

Era corso in fretta dal suo reparto al pronto soccorso pediatrico, distante due padiglioni, attraversando quel parcheggio nel quale il piccolo Leonardo ha trovato la morte respirando a fatica nell’abitacolo senza più ossigeno.

Al Policlinico la notizia del piccolo dimenticato in auto, ma anche della parentela del bimbo, figlio di una cardiologa e nipote di un chirurgo, fa subito il giro dei reparti.

Sono in tanti – primari, medici, infermieri – a correre al pronto soccorso. Sono sbigottiti e non si danno pace. In direzione sanitaria, quando manca ancora poco alle 15, viene attivata la task force per assistere i familiari.

“Purtroppo c’è stato poco da fare – spiega il direttore sanitario dell’ospedale, Antonio Lazzara – Il piccolo, quando è entrato, era già in arresto cardiaco. Le manipolazioni non sono servite a nulla. Abbiamo subito chiamato psicologi e assistenti sociali perché dessero un supporto alla famiglia, distrutta dal dolore”.

La tragedia di ieri ricorda molto quella avvenuta nel 1998 nel parcheggio della Sgs Thompson. Stesse modalità e un’assurda dimenticanza che diventa fatale in una giornata di caldo.

“Ho subito pensato a quel fatto – spiega Federico Vagliasindi, ingegnere idraulico, collega di Luca Cavallaro, il papà del piccolo Leonardo – e non so davvero spiegarmi come possa essere capitato. Luca è una persona scrupolosa, brillante, sempre in orario al lavoro. Ero sbigottito allora e lo sono ancora adesso”.

Il piccolo Leonardo, assieme al suo papà Luca Cavallaro e alla mamma Maria Cannizzaro, avevano trascorso l’estate a Lavinaio, una frazione sulle pendici dell’Etna.

Al fresco dei pini, nella casa di villeggiatura con le luci spente, alla periferia del paese, un cugino ha ancora le lacrime agli occhi e la voce rotta dall’emozione. Così ricorda il bimbo: “Era vispo, allegro. Tutti in famiglia giocavamo con lui. Non posso immaginare che non sia più tra noi”.

Ieri a Catania c’erano 34 gradi di mattina, nel pomeriggio si è abbattuto un nubifragio talmente violento che non ha fatto atterrare gli aerei nello scalo di Fontanarossa. Una beffa l’ennesima di questa brutta storia che ha sconvolto milioni di italiani.

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