Inizia la scuola e torna il dibattito sul “dress code” degli studenti all’interno delle scuole. Dopo che a un ragazzino di Scampia, a Napoli, è stato vietato di accedere a scuole a causa di alcune treccine colorate di blu, si infervora la polemica nei social.

Anche a Palermo i presidi dettano le regole da seguire per entrare in classe in maniera consona anche se mostrano una certa elasticità. È il caso di Vito Pecoraro, dirigente scolastico dell’istituto alberghiero Pietro Piazza di Palermo. “Ma sei io dovessi tenere fuori dalla scuola gli studenti che, per esempio, indossano i jeans strappati vistosamente, praticamente avrei le classi vuote”, dichiara al Giornale di Sicilia.

All’interno della scuola palermitana comunque ci sono delle regole precise a cui gli studenti devono attenersi che riguardano soprattutto le norme igieniche e di sicurezza all’interno dei lei laboratori di cucina in si può accedere solo con una divisa idonea. In tal senso il preside non ammette deroghe.

In un’altra scuola di Palermo, il liceo linguistico Ninni Cassarà, è vietato entrare con pantaloncini corti e abiti succinti. Lo conferma la dirigente scolastica Daniela Crimi. “ Non è rispettoso della dignità degli studenti – dice -. Nessuna regola scritta, però, solo consigli verbali. Non ho mai avuto da ridire, invece, su piercing o colore dei capelli, mai censurato nulla. Questi aspetti sono espressione della personalità dei ragazzi”.

Intanto Skuola.net, che ha chiesto a più di 1.300 studenti di dire la loro sull’argomento vestiario scolastico. Almeno uno studente su quattro racconta come nel proprio istituto sia stata emanata una circolare specifica sul vestiario. Per un terzo degli studenti, invece, un “dress code” esiste, ma non è messo nero su bianco con un regolamento. Viene sottinteso e rimandato al giudizio dei genitori, con il consiglio di mantenere una certa sobrietà. Solo il 38% dei ragazzi ha carta bianca sul modo di vestirsi.

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