Verrà sentita dai pm come persona informata sui fatti, nei prossimi giorni, Giusy Occhionero, deputata molisana di Leu ora passata a Italia Viva.

Il nome della parlamentare, che non è indagata, spunta nell’inchiesta che oggi ha portato all’arresto per associazione mafiosa del suo collaboratore, Antonello Nicosia.

L’uomo, proprio grazie ai suoi rapporti con la Occhionero, entrava e usciva dalle carceri di massima sicurezza dove incontrava boss detenuti. Secondo i pm avrebbe riportato all’esterno messaggi e informazioni.

Che l’aeroporto di Palermo fosse stato intitolato ai giudici Falcone e Borsellino proprio non gli andava giù. “Ma perché dobbiamo spiegare chi sono scusami, perché dobbiamo sempre mescolare la stessa merda”, diceva Antonello Nicosia, esponente di Radicali Italiani, fermato oggi con l’accusa di associazione mafiosa.

E sul giudice Giovanni Falcone, assassinato da Cosa nostra, aggiungeva ridendo: “che poi diciamo che è morto in un incidente sul lavoro e quando è stato ammazzato manco magistrato era. Aveva già un incarico politico”.

Parlava da uomo d’onore Nicosia. Anche esprimendo critiche feroci sulle nuove leve di Cosa nostra. “Tutte cose si sono cambiate. Come minchia si affida a gente così scarsa, così scadente”, diceva al boss di Sciacca Dimino, anche lui oggi finito in carcere.

E il capomafia, nostalgico, ricordava un passato in cui c’erano “venti boom” (il riferimento è agli omicidi) e esprimeva rammarico per un presente in cui “non succede più nulla”. Nicosia era guardingo. Temeva le intercettazioni. Perciò le conversazioni delicate le aveva in auto noleggiate.

“Io ogni mese mi cambio la macchina, chissà si mettessero in testa di mettere cose, a momenti gliela vado a lasciare, ci vogliono quarantacinque giorni per l’autorizzazione e io gliela vado a lasciare prima. Già ne ho un’altra ordinata … No … impazziscono … possono solo impazzire, monta e smonta”, spiegava. Nonostante le cautele adottate, però, l’esponente di Radicali Italiani non è riuscito a evitare le “orecchie” degli inquirenti.

 

Che hanno scoperto che, da collaboratore parlamentare della deputata di Leu Giusy Occhionero, entrava nelle carceri per avere contatti coi capimafia detenuti portando all’esterno ordini e informazioni. “E martedì vai lì, vedi di capire anche tuo padre che impressione ha avuto, tu vai all’orecchio e glielo dici quello che sei … all’orecchio: attenzione, ci sono le microspie sotto i tavolini, registrano tutte cose, cioè non parlate di cose delicate”, diceva al figlio del boss Maniscalco che aveva incontrato giorni prima.

Temendo, poi, che Maniscalco, potesse collaborare con la giustizia tentava di prendere informazioni da altri mafiosi: come Simone Mangiaracina, boss di Campobello di Mazara. Alla deputata Occhionero, Nicosia diceva di non fare nomi di mafiosi al telefono: “non è che al telefono mi chiedi queste cose … neanche per scherzo … perché vedi che andiamo veramente a finire al Pagliarelli (il carcere di Palermo – ndr)… stavolta ci portano li”. Infine in una lunga conversazione intimava alla donna di non nominare invano Santo Sacco, uno dei fedelissimi del boss Matteo Messina Denaro che lui definiva “il nostro primo ministro”. “Onorè non parlare a matula, già stai parlando a matula … Santo Sacco, il braccio destro del primo ministro, non sbaglia, non sbagliare a parlare tu invece”.

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