Le accuse sono pesanti ancora di più perché si tratta di poliziotti. Il commissariato di polizia di Partinico è nella bufera.

Secondo le indagini ci sarebbe stato un commercio di porto d’armi concessi in cambio di denaro, refurtiva trafugata, denunce fatte ritirare e «aggiustate», irregolarità persino in un arresto, con l’affidamento dell’indagato, colto in flagrante e non piantonato dagli agenti, a tre guardie giurate, e col successivo tentativo di nascondere questa circostanza.

A Partinico sei fra sovrintendenti, assistenti capo e ispettori sono indagati, con tre cittadini che avrebbero chiesto favori e con i tre vigilantes.

Totale, 12 persone, come scrive il Giornale di Sicilia, sotto inchiesta in una vicenda di corruzione, peculato (anche per l’uso delle auto di servizio), concussione, falso, abuso d’ufficio, favoreggiamento reale e personale e accesso abusivo ai sistemi informatici delle forze dell’ordine.

Uno di loro, Pietro Tocco, ha attualmente l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria: la Procura di Palermo aveva chiesto per lui gli arresti domiciliari e il Gip Fabio Pilato, il 22 gennaio, gli aveva inizialmente dato l’obbligo di firmare un registro in un posto di polizia e pure il divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani.

Per la moglie, Giuseppina Grillo, anche lei assistente capo della polizia, c’era stato il divieto di dimora a Partinico, ora revocato.

Una storia mai venuta fuori, finora, e scoperta dagli inquirenti grazie a un paio di anonimi e ai successivi accertamenti compiuti dagli stessi colleghi dei coinvolti.

Poliziotti che indagano su altri poliziotti dello stesso commissariato e alla fine l’avviso di chiusura, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, rimessa alla valutazione del pm Francesco Gualtieri.

A rischiare sono Tocco, 55 anni, originario di Camporeale; la moglie, la Grillo, ha 53 anni ed è di Alcamo; il collega Giovanni Vitale, altro alcamese di 44 anni; il sovrintendente capo Fulvio Silvestri, 46 anni, di Palermo; poi l’ispettore capo Antonio Gaspare Di Giorgi, 52 anni, residente a San Cipirello; e infine Vincenzo Manzella, assistente capo di 44 anni del commissariato partinicese.

Le persone che avrebbero chiesto favori indebiti sono Carmelo Fratello, 81 anni, di San Giuseppe Jato (per il porto d’armi avrebbe pagato o promesso 250 euro a Tocco); Vincenzo Manta, 49 anni, e Salvatore Scianna, di 51, che avrebbero indotto Tocco a violare il sistema informatico delle forze dell’ordine per scoprire a chi appartenessero un paio di automobili.

Sotto inchiesta pure le guardie giurate Salvatore Davì, 57 anni, Daniele Di Maggio, di 37, e Marcello De Luca, di 38, tutti accusati di favoreggiamento. Gli indagati sono assistiti, fra gli altri, dagli avvocati Bartolomeo Parrino, Enrico Sanseverino, Maria Paola Polizzi, Carmela Loredana Alicata.

I fatti sono concentrati nell’arco del 2017. Gli esposti anonimi che segnalavano scorrettezze e richieste di denaro ai normali utenti del commissariato erano contro Tocco: una persona si sarebbe vista chiedere 500 euro, pur avendo tutti i titoli e dunque il diritto di ottenere il porto d’armi. Mentre l’anziano fratello avrebbe cercato di scendere a patti, sostiene l’accusa.

Nel commissariato spaccato, diviso tra chi indagava e chi veniva indagato, sono determinanti le intercettazioni a sostegno delle tesi del pm Gualtieri.

Viene fuori così che Tocco, con Vitale e Silvestri, si sarebbero appropriati di borse contraffatte rubate e sequestrate: la moglie avrebbe aiutato Tocco a nascondere le 4 di cui si sarebbe impossessato, gli altri ne avrebbero preso un numero imprecisato. Per nascondere di avere rubato, poi avrebbero scritto in una relazione di averne sequestrate 64, omettendo di annotare quelle sparite.

Ci sono poi gli accessi abusivi al sistema informatico, condivisi in un caso con Manto e in un altro con Scianna e accedendo con le credenziali di Vitale. Ancora, le denunce fatte ritirare in cambio di denaro alla vittima di un furto, per proteggere la donna che aveva rubato un cellulare, la cui madre era legata a Tocco da una relazione sentimentale. Indagato pure Manzella. Pure l’auto di servizio sarebbe stata usata per andare al Conad e, in livrea d’istituto, ma per ragioni personali, da Partinico ad Alcamo.

Infine c’è la storia di Matteo Rosario Imperiale, arrestato in flagranza il 2 dicembre 2017, da Tocco, Vitale e Di Giorgi: i tre avrebbero dovuto piantonarlo in commissariato ma avrebbero preferito affidarlo alle guardie giurate della società La Vigilanza. A che titolo, non si sa: e difatti, quando il dirigente del commissariato chiese loro conto e ragione, negarono di averlo mai fatto e scrissero una relazione di servizio ritenuta falsa. Negarono anche Davì, Di Maggio e De Luca. Ora rischiano tutti il processo.

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