Un documento in undici cartelle nelle quali è spiegato per filo e per segno perchè non inserire norme in legge di stabilità dello Stato per ripianare lo svantaggio che deriva dall’insularità è illegale. E’ stato presentato ufficialmente  durante la seduta congiunta delle Commissioni Bilancio e Finanza di Camera e Senato dal Vice Presidente della Regione Siciliana Gaetano Armao a nome di Sicilia e Sardegna che per la prima volta sono insieme nella battaglia per il riconoscimento dell’insularità, una condizione di svantaggio che va riequilibrata in tutti i settori a iniziare dai trasporti, garantendo continuità territoriale, per proseguire con infrastrutture, condizioni socio economiche, opportunità offerte ai cittadini insulari.

In Europa sono 17 milioni i cittadini che vivono in regioni insulari. Di questi 7 milioni sono gli italiani che vivono in Sicilia e Sardegna, oltre un terzo di tutti gli europei insulari. Mentre, però, per gli altri 10 milioni esistono leggi di riequilibrio delle opportunità, per i 7 milioni di siciliani e sardi non è così

Il documento che chiede di ripristinare pari opportunità muove da tre principi che lo rendono giuridicamente forte. In primo luogo la sentenza della Corte Costituzionale numero 6 del 2019 con la quale  ha ritenuto illegittimo l’articolo 1, comma 851, della legge n. 205 del 2017 nella parte in cui “non prevede, nel triennio 2018-2020, adeguate risorse per consentire alla Regione autonoma Sardegna una fisiologica programmazione nelle more del compimento, secondo i canoni costituzionali, della trattativa finalizzata alla stipula dell’accordo di finanza pubblica”.

Di fatto, per la prima volta, la Corte ha detto senza mezzi termini che il riequilibrio della condizione di insularità è obbligatorio e lo Stato deve porre rimedio fin dalla successiva legge di bilancio ovvero quella attualmente in discussione

La Corte si pronunciava su un ricorso della Sardegna ma la vicenda è palesemente sovrapponibile e su questo Sicilia e Sardegna hanno deciso di fare fronte comune. Il secondo elemento di forza è l’accordo dello scorso anno fra Sicilia e Ministero per l’economia firmato dal Presidente Musumeci che prevedeva proprio che da questa legge di stabilità si avviasse la discussione sul riequilibrio della condizione di insularità.

Entrambi gli elementi si sposano, poi, con il terzo comma dell’articolo 174 del trattato di funzionamento dell’Unione Europea quella che è da considerarsi la Costituzione dell’Unione. Si tratta dell’articolo che parla della politica di coesione e che riserva un particolare riguarda al riequilibrio delle condizioni delle “zone rurali, delle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insularitransfrontaliere e di montagna”.

Lo Stato italiano, dunque, deve inserire nella legge di stabilità norma per compensare  il caro biglietto dei trasporti, la situazione infrastrutturale, le condizioni sociali ed economiche dei cittadini insulari e con particolare attenzione a: “la dimensione della finanza della Regione rispetto alla finanza pubblica; le funzioni effettivamente esercitate e i relativi oneri;  gli svantaggi strutturali permanenti, i costi dell’insularità e i livelli di reddito pro capite; il valore medio dei contributi alla stabilità della finanza pubblica allargata imposti agli enti pubblici nel medesimo arco temporale; il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Infine, la sentenza contiene un nuovo monito, rivolto non solo alle parti in causa ma a tutte quelle dei giudizi in materia finanziaria, sulla necessità di trasparenza dei conti pubblici, in cui si ribadisce, in particolare, il rispetto delle
«regole di bilancio numeriche» così definite dall’Unione europea”.

Una richiesta forte di Sicilia e Sardegna, un bel grattacapo per il governo italiano

 

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