Perché in Sicilia è così sentito il rito dell’Immacolata Concezione? Per noi siciliani, è un giorno di Festa speciale, non solo il preludio al periodo della Natività. La fede per la Madonna venne accolta in questa terra ancor prima del “dogma” stesso del 1854. A ricordarcelo è uno scritto del Santo Giovanni Paolo II, Papa Wojtyla, inviato al Cardinale di Palermo nel 2004.

Il Santo Padre scrisse che tale “devozione, infatti, risale sicuramente ai tempi della dominazione bizantina, tra il VI e il IX secolo. La Madre di Cristo era particolarmente venerata con il titolo di Panaghia, Tutta Santa. Di lei si cominciò a celebrare liturgicamente la “santa Concezione”, e tale culto proseguì e si sviluppò nell’Isola senza interruzione. L’Immacolata fu dichiarata principale Patrona di tutta la Sicilia, con l’impegno per i fedeli di professare e difendere tale verità fino alla morte, un voto che è rimasto in vigore fino ad oggi, superando i mutamenti dei tempi e dei regimi” .

Così, ripassando un po’ la storia, i riti dell’Immacolata in Sicilia, sono entrati a buon diritto nel registro immateriale delle eredità siciliane. Ci sono due date da tenere a mente: a Palermo, nel 1624, l’anno della terribile peste, furono istituiti i due più importanti culti religiosi cittadini: il culto di Santa Rosalia, nominata Patrona principale della città e il culto della Madonna Immacolata, già presente nelle celebrazioni siciliane. Durante il Pubblico Consiglio del 27 luglio del 1624 il Senato palermitano compie il voto di difendere la dottrina dell’immacolato concepimento e approva di «honorare la Sua Immacolata Conceptione con fare la festa nel suo giorno a sue spese nella chiesa di Santo Francesco d’Assisi di questa città, con lo intervenire il Senato presentialmente alla detta festa con tutti i suoi ufficiali».

La città si impegna ad onorarne la festa con una degna celebrazione, il «rito delle cento onze», che nasce ufficialmente il 18 novembre 1624. Qualche anno dopo, nel 1655, il Senato palermitano riordinerà in dieci norme, con “atto d’obbligo” per tutti i futuri amministratori comunali, i provvedimenti riguardanti il culto della Vergine, il “rito delle cento onze” e il solenne giuramento. Quel sigillo non è mai stato spezzato e la devozione Mariana è ancora uno dei tratti distintivi dell’identità siciliana.

Fin qui la fede, la storia e le tradizioni. Ora correrò il rischio di sembrare blasfemo: ma ogni festa che si rispetta, ovviamente, ha il suo risvolto a tavola. Ed anche qui, la tradizione offre degli spunti meravigliosi per essere orgogliosi di quella che Salvatore Quasimodo avrebbe definito come sicilianitudine.

Oltre la devozione religiosa, la tradizione della Festa dell’Immacolata in Sicilia è il racconto di due giorni da vivere in famiglia, con una tavola imbandita dai migliori prodotti della nostra terra. Il protagonista assoluto, pur nelle sue tante variabili “local”, è lo “Sfinciuni”, una pizza che pizza non è, semmai parente prossimo della focaccia. Nella versione tradizionale viene condita con salsa di pomodoro, cacio cavallo e acciuga. Immancabili sono i fritti: dai cardi in pastella ai cuori di carciofo, da assaggiare rigorosamente in punta di dita. Molto diffusa è anche la tradizione delle “muffulette”, focaccine nel cui impasto si mettono semi di finocchio, condite con ricotta e cacio a pezzettini.

A fine pasto, poi, è un tripudio di dolci. La citazione è d’obbligo per sua maestà il buccellato, preparato con pasta frolla ed un ripieno di fichi secchi, uva passa, mandorle, scorze d’arancia. Avete fatto mai caso alla forma del buccellato? La sua forma rappresenta simbolicamente la corona di stelle, “u stellariu” della Madonna.

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