Roberto Burioni, professore di microbiologia e virologia al San Raffaele di Milano, è intervenuto ai microfoni dei Lunatici, su Rai Radio2, sul tema del coronavirus e ha detto: «Non esiste nessun motivo per evitare i cinesi, i ristoranti cinesi o i quartieri cinesi. Una di queste sere andrò a mangiare al ristorante cinese, non ha senso evitarli».

L’esperto ha aggiunto che «in questo momento un italiano deve fare una sola cosa, tassativamente. Non andare in Cina. Questa è la mia opinione. In questo momento non c’è motivo per andare in Cina. Un eventuale viaggio di lavoro deve essere rimandato. Le aziende più attente hanno già rimandato i viaggi in quelle zone. Gli italiani che tornano dalla Cina devono starsene a casa, non girare molto, e stare attente ad eventuali disturbi respiratori. In presenza di disturbi respiratori bisogna chiamare il 118, che arriva, fa le analisi e chiarisce tutto».

Burioni ha spiegato che questo virus «è qualcosa di nuovo che dobbiamo guardare senza panico, senza paura, ma con grande attenzione. Una comunicazione non corretta rischia di spiegare male alla gente cosa è successo e cosa sta succedendo. Quello che è accaduto in Cina è che verso la fine del 2019 è saltato fuori un nuovo virus, derivato dal passaggio all’uomo di un virus animale. Contro questo virus non abbiamo un vaccino o una terapia specifica. Possiamo solo ostacolarne la diffusione, come stanno facendo i cinesi, anche se forse con un po’ di ritardo. All’inizio, secondo me, hanno sottovalutato il pericolo. Ora però hanno preso delle misure molto importanti, la quarantena per 51 milioni di persone non ha precedenti nella storia dell’uomo».

Il professore ha poi affermato che «ci sono persone che hanno contratto il virus, eliminano il virus, non hanno sintomi ma sono infettivi durante la parte finale dell’incubazione. Questo è un elemento che renderebbe più difficile la battaglia contro questo virus. Bisogna comunicare solo le notizie certe. Altrimenti si corrono due rischi: mettere in allarme la popolazione quando l’allarme non c’è. Se ogni volta che c’è una persona che torna dalla Cina con una sindrome respiratoria parliamo di caso sospetto mettiamo in allarme la popolazione. Non c’è motivo di comunicare il sospetto di un caso. Se c’è il sospetto di un caso si fanno le analisi, si capisce e si comunica solo quando si sa come stanno le cose».

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