Licenziato dall’azienda in cui lavora da nove anni perché ha offerto per trentadue volte il pranzo a un collega con serie difficoltà economiche, un facchino dipendente di un’impresa esterna. È successo alla Marcegaglia di Ravenna, impresa attiva nella lavorazione dell’acciaio con un fatturato annuo di 5 miliardi di euro.

L’operaio, un capomacchine di 28 anni, aveva prestato il badge per la mensa al collega cosicché risparmiasse sei euro a pasto, la tariffa per i lavori esterni. Ma ciò non è stato visto bene dall’impresa che ha licenziato il lavoratore.

Tuttavia, il giudice del lavoro Dario Bernardi, dopo una settimana dall’udienza per il ricorso dell’operaio, difeso dagli avvocati Davide Baiocchi e Angelo Canarezza, ha accolto l’istanza di reintegro, affermando che, in caso di mancato utilizzo della mensa, il lavoratore avrebbe avuto diritto ai buoni pasto. E non finisce qui. Perché il giudice ha anche condannato l’azienda al pagamento di un’indennità pari all’ultima retribuzione.

Poi, per quanto riguarda il danno che avrebbe subito l’azienda, secondo la Mercegaglia era di 126,72 euro, mentre è stato quantificato in 19 centesimi a pasto, ovvero 6,08 euro totali: «importo talmente irrisorio da non potere fondare in alcuno scenario interpretativo possibile una lesione del vincolo fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore», ha affermato il giudice.

Per quanto riguarda l’operaio, ‘ex’ licenziato, è stato assunto dal colosso dell’acciaio all’età di 19 anni ed è anche considerato un dipendente modello. Intervistato di recente dal Corriere di Romagna, il lavoratore ha affermato di non avere interesse al risarcimento o all’indennizzo ma di tornare «a fare il lavoro che amo in un’azienda che mi ha dato tanto».