Nel corso di un’intervista per huffingtonpost.it, Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità parte integrante del Comitato tecnico-scientifico della Protezione Civile italiana, va dritto al punto. Il leggero decremento del numero di nuovi casi di infezione da nuovo coronavirus devono essere una spinta a mantenere le misure di contenimento e distanziamento sociale attualmente in vigore. Il traguardo da raggiungere, è la diminuzione sostanziale del valore “erre con zero”, che indica il tasso di contagiosità di un virus, “fino a raggiungere almeno quota 1 (una persona riesce a contagiarne solo un’altra).
Per quanto riguarda i dati numerici, il professore ha aggiunto:

Premettendo che i dati è sempre meglio inquadrarli in una prospettiva di qualche giorno, possiamo dire che questa settimana stiamo registrando una lieve deflessione nel numero dei nuovi casi di positivi al Covid-19 e una riduzione degli accessi ai pronto soccorso, specie in Lombardia. Purtroppo non registriamo lo stesso effetto sul numero dei deceduti, ma, rispetto agli altri, questo dato registra un ritardo di 10-14 giorni. È probabile, dunque, che lo vedremo a partire da mercoledì, giovedì prossimi. Il trend che registriamo per i positivi e gli accessi ai pronto soccorso, sia in termini interpretativi che motivazionali, deve essere una spinta a mantenere le misure di contenimento e distanziamento sociale attualmente in vigore, orientate a far abbassare sempre di più l’indice ‘R0’ fino a raggiungere almeno quota 1. In questa prospettiva è assolutamente da rimarcare un concetto. Non saremmo arrivati a registrare questi numeri se non avessimo messo in atto misure così stringenti, che ci sono costate restrizioni della nostra libertà individuale, della nostra vita sociale e limitazioni alle attività produttive e lavorative. Un prezzo che il Paese ha pagato e continuerà a pagare ancora per un po’”. Sulla possibilità di riaprire l’Italia sostiene:

Il parere di tutti, compresi evidentemente quelli del senatore Renzi e della vicepresidente Mattioli, sono rispettabili e vanno tenuti in conto. Detto questo, però, parlare adesso di riapertura mi pare francamente prematuro. È ovvio che il Paese va riaperto, ma non ora. Come Consiglio Superiore di Sanità ci siamo posti la questione anche per sviluppare una strategia adeguata all’obiettivo. Se aprissimo adesso vanificheremmo tutti i sacrifici fatti. Il decisore politico dovrà valutare la scelta da compiere, ma tra qualche settimana. Ripeto, e non ho la minima esitazione a sottolinearlo, ora è prematuro. Facciamo consolidare i dati che stiamo registrando in questo momento. Per quanto riguarda una riapertura parziale, non la vedrei opportuna e non credo esistano le condizioni. La scelta spetta al presidente e al Consiglio dei ministri con l’apporto cruciale del Ministero della Salute. Per quello che mi riguarda, non ho dubbi sull’opportunità di prolungare per altri quindici giorni le disposizioni attualmente in vigore. Nessuno vuole mortificare il Paese, ma non possiamo piangere oltre 10.000 morti e riaprire quattro, cinque giorni dopo aver registrato una stabilizzazione e una lieve deflessione del numero dei nuovi positivi”. Si è concentrato poi sulla questione ‘immunità di gregge‘:

È importante sviluppare strategie solide basate su studi specifici. Penso, ad esempio, a quelli finalizzati a verificare la siero-prevalenza, ossia quanti soggetti hanno sviluppato anticorpi, anche per capire se c’è l’immunità di gregge. È possibile, poi, che vengano compiute scelte differenziate a seconda della diffusione del contagio nelle varie zone del Paese. Oggi abbiamo Regioni – la Lombardia e il Piemonte – e zone – la parte alta dell’Emilia Romagna – ad alto impatto epidemiologico, altre con impatto epidemiologico intermedio e altre ancora – il Molise e la Basilicata – dove l’impatto è minore. Aprire sarà piacevole e tutti lo faremo con gioia, ma le scelte per farlo vanno ponderate per non rendere vani gli sforzi compiti. Servono studi e valutazioni caute e attente. Ne riparleremo tra qualche settimana”. Per quanto riguarda la correttezza o meno dei dati della Protezione Civile si è espresso in questo modo:

I dati diramati dalla Protezione civile sono esattamente quelli che provengono dalle realtà regionali e riportano i casi dei soggetti sintomatici. È chiaro che c’è una quota di asintomatici che non viene intercettata, ma dire quanti sono è un esercizio quasi impossibile. Indicazioni ulteriori arriveranno di certo dagli studi di siero-prevalenza, che vanno compiuti per saperne di più di come questa brutta storia si è sviluppata nel nostro Paese”. “Difendere se stessi equivale a difendere anche gli altri, spero che questa situazione lo faccia comprendere a chi sostiene il No Vax” – Con queste parole il presidente ha chiuso l’intervista, focalizzandosi sul principio per cui i vaccini vanno fatti, perché non aiutano solo il singolo, ma riducono i pericoli per la collettività.