“Nell’intenzione dei suoi Padri fondatori, il Consiglio d’Europa (…) rispondeva ad una tensione ideale all’unità che ha, a più riprese, animato la vita del continente fin dall’antichità. Tuttavia, nel corso dei secoli hanno più volte prevalso le spinte particolaristiche, connotate dal susseguirsi di diverse volontà egemoniche”.

E ancora, un po’ più in avanti nel discorso: “Auspico vivamente che si instauri una nuova collaborazione sociale ed economica, libera da condizionamenti ideologici, che sappia far fronte al mondo globalizzato, mantenendo vivo quel senso di solidarietà e carità reciproca che tanto ha segnato il volto dell’Europa grazie all’opera generosa di centinaia di uomini, donne – alcuni dei quali la Chiesa cattolica considera santi – i quali, nel corso dei secoli, si sono adoperati per sviluppare il continente, tanto attraverso l’attività imprenditoriale che con opere educative, assistenziali e di promozione umana”.

Cominciamo dalla data. Sono parole di un discorso pronunciato il 25 novembre del 2014, cinque anni e mezzo fa. Non ieri e nemmeno un mese fa quando l’emergenza coronavirus faceva capolino in tutta la sua virulenta drammaticità in Italia, paese fra i Fondatori dell’Europa unita. Dove? Al Consiglio d’Europa quello che oggi è guidato dal segretario generale, la croata Marija Pejčinović Burić e presieduto dal belga Charles Michel e che nella riunione di qualche giorno fa ha sbattuto la porta in faccia all’Italia – ma anche a Spagna e Francia – sostenendo l’impraticabilità di alcuni strumenti finanziari straordinari per fronteggiare le ricadute economiche della chiusura imposta alle attività produttive in questo tempo di pandemia.

Quindi: 25 novembre 2014 al Consiglio d’Europa. Resta da svelare chi ha pronunciato quel discorso. E’ stato Papa Francesco nel corso di una visita al Consiglio d’Europa. Un viaggio che ha portato il Pontefice a parlare anche al Parlamento europeo.

Sono passati quasi sei anni e quel discorso, applaudito e considerato storico dai partecipi ascoltatori, è finito nel nulla. Stritolato dalle logiche particolari che hanno spinto gli Stati membri a lasciare sola l’Italia a fronteggiare l’emergenza migratoria dalle coste del Nord Africa, ad esempio. Ma è solo un esempio. Il primo, il più evidente e ricorrente. Oggi ci troviamo di fronte allo stesso cieco, sordo e inumano atteggiamento rispetto alla sofferenza che la nostra nazione sta vivendo nel fronteggiare un’epidemia-pandemia che ha già portato il conto dei morti a 30 mila in tutto il mondo. E che sta provocando e portando alla luce gli egoismi di tanti paesi che sostengono di aver creato un’Europa unita e che invece si manifesta come un cartello di Stati, guidati dai più ricchi, impegnato solo nella tutela dei parametri economici. Per questo, poi, suscita ammirazione il discorso pronunciato dal premier albanese, Edi Rama, salutando all’aeroporto di Tirana un team di 30 medici e infermieri in partenza per l’Italia per sostenere i colleghi lombardi. Ha detto: “Non siamo privi di memoria: non possiamo non dimostrare all’Italia che l’Albania e gli albanesi non abbandonano mai un proprio amico in difficoltà. Oggi siamo tutti italiani, e l’Italia deve vincere e vincerà questa guerra anche per noi, per l’Europa e il mondo intero”. Un Paese, l’Albania, che ha presentato domanda di adesione all’Unione europea il 28 aprile del 2009 e che ancora oggi non ne fa parte. Anzi per la cronaca, appena lo scorso 24 marzo, cinque giorni fa, il consiglio d’Europa (sempre quello) ha dato il via libera unanime all’apertura dei negoziati di adesione per Albania e Macedonia del Nord, senza però fissare una data per il loro avvio, che sarà decisa dal Consiglio Europeo, quando metterà l’allargamento all’ordine del giorno.

Torniamo a Papa Francesco di cui ancora adesso, dopo la preghiera straordinaria e la benedizione “Urbi et Orbi” di venerdì 27 marzo, data e immagini destinate a diventare Storia, si loda lo spirito di coesione senza partigianerie fideistiche. Torniamo a Papa Francesco che in quello stesso viaggio, il 25 novembre del 2014, ha parlato anche al Parlamento europeo. E questo è il messaggio ultimo che ha lasciato: “Cari Eurodeputati, è giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia, ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili; l’Europa che abbraccia con coraggio il suo passato e guarda con fiducia il futuro per vivere pienamente e con speranza il suo presente. È giunto il momento di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e piegata su sé stessa per suscitare e promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali; l’Europa che guarda e difende e tutela l’uomo; l’Europa che cammina sulla terra sicura e salda, prezioso punto di riferimento per tutta l’umanità!
I discorsi integrali a questo link