Mentre Cateno De Luca continua la sua battaglia contro i provvedimenti del Governo – in particolare contro il Ministro degli Interni Luciana Lamorgese – in relazione alla gestione dei controlli di chi attraversa lo Stretto, un gruppo di cittadini messinesi del comitato “Rete34+” contesta duramente l’operato del sindaco di Messina. In una lettera indirizzata al presidente Giuseppe Conte, al ministro Luciana Lamorgese, al presidente Musumeci e al prefetto di Messina Maria Carmela Librizzi, il gruppo accusa De Luca di “mortificare in modo ingiurioso le istituzioni esercitando poteri di controllo in modo arbitrario e abusivo“. E’ il secondo arroventato capitolo di una contestazione iniziata il 16 marzo scorso, quando i contestatori avevano avanzato alle suddette cariche istituzionali una richiesta di rimozione del sindaco.

“Sin dall’inizio di questa vicenda – scrive Rete34+ –  avevamo segnalato alle istituzioni che a vario titolo potevano svolgere una funzione di controllo oltreché sanzionatoria, la scelta strategica deliberatamente assunta dal Sindaco di Messina di introdurre un sistema di costante e volontaria conflittualità tra i vari livelli di Governo, facendo surrettiziamente passare l’idea di una equiparazione giuridica tra fonti statali, fonti regionali e ordinanze comunali, e rendendo vistosamente pubbliche le presunte incongruenze dei provvedimenti via via adottati dal Governo, al punto da fare ritenere che esse fossero soggette a sostituzione, integrazione e modifica come se si trattasse di misure equivalenti quanto a forza ed efficacia.

Occorre ricordare che sul punto, il D.L. n. 9 del 2 marzo 2020, aveva specificatamente introdotto all’art. 35 una puntuale disposizione sulle ordinanze sindacali secondo cui “A seguito dell’adozione delle misure statali di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica non possono essere adottate e ove adottate sono inefficaci le ordinanze sindacali dirette a fronteggiare l’emergenza predetta in contrasto con le misure statali”. Successivamente con D.L. n. 19 del 25 marzo 2020, all’art. 3, si è precisato che “I Sindaci non possono adottare a pena di inefficacia ordinanze contingibili ed urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto di cui al comma I”.

Per quanto detto, in radice è interdetto ai Sindaci un potere di ordinanza, conseguenza ovvia della natura mondiale dell’epidemia e quindi della stringente necessità di un ordine costituzionale volto ad assicurare un trattamento omogeneo dei diritti fondamentali in tutto il territorio nazionale. Il punto più inquietante dello straripante protagonismo politico-istituzionale del Sindaco di Messina si registra in relazione alla disciplina da applicare per ciò che concerne l’attraversamento dello Stretto.

Da ormai decine di giorni, il Sindaco mortifica in modo ingiurioso le Istituzioni che a vario titolo hanno concorso a definire l’assetto regolativo dell’attraversamento dello Stretto, giungendo a esercitare personalmente ed arbitrariamente funzioni ispettive e di controllo agli imbarchi e, dopo avere per decine di ore, in diretta televisiva – circostanza sicuramente a voi nota – aperto sguaiate forme di totale conflitto istituzionale, ha adottato un’ordinanza che si pretende sia la fonte prevalente ed esclusiva del regime giuridico cui veicoli e persone devono assoggettarsi per l’attraversamento dello Stretto.

Si tratta di un atto di inaudita gravità, poiché si esplicita l’aberrante principio secondo cui la libertà di circolazione sul territorio nazionale sia disciplinabile e comprimibile attraverso un’ordinanza del Sindaco, peraltro totalmente vietata dalle norme che abbiamo citato. Inoltre, in tempi meno drammatici, apparirebbe perfino puerile e grottesca l’affermazione secondo cui la “proprietà” del suolo comunale legittimerebbe l’adozione di norme che possano interdirne o negarne il passaggio.

Non si tratta quindi di richiedere o invocare un’astratta autorità dello Stato, ma, al contrario, di richiedere un corretto funzionamento dei poteri di controllo e di garanzia, poiché, dall’inizio dell’emergenza coronavirus, in questa città, si sta attentando a libertà e a diritti costituzionalmente preziosi, non ultimo quello alla sicurezza giuridica già indebolito per la straordinaria vicenda che stiamo vivendo, ma ancor più fiaccato da un dissennato e abusivo intervento regolativo del Sindaco.

Siamo convinti del fatto che la posta in gioco, più che la reale vigenza di questa o quella ordinanza sindacale, sia viceversa l’ottenere simbolicamente – nella percezione dei cittadini – l’affermazione della capacità di esercizio del primo cittadino di questo potere di comando, esibendo, dunque, il trofeo di una sorta di vittorioso scontro istituzionale. Questo è inaccettabile poiché inferirebbe ulteriori colpi al tessuto connettivo della comunità e la lacererebbe ulteriormente, affermando peraltro l’idea che la forza può tutto.
Concludendo, si vuole altresì evidenziare come il suddetto Sindaco stia gestendo l’emergenza con chilometriche e alluvionali dirette social. Non c’è dubbio che, a parte la veste formale, si tratti di comunicazione istituzionale, poiché si tratta del Sindaco, poiché si opera all’interno di sedi pubbliche come quella della Protezione Civile, poiché si utilizzano beni materiali e immateriali dell’Amministrazioni, poiché si utilizzano informazioni istituzionali di cui si è in possesso in ragione del proprio ufficio.

In ragione della totale esclusione della stampa da ogni contraddittorio o richiesta di approfondimento, nonché del Consiglio comunale da ogni compartecipazione alle decisioni, riteniamo altresì che si stiano anche qui violando platealmente i principi di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione, di rispetto del principio del contraddittorio nell’ambito della comunicazione pubblica, dell’accertamento della verità dei fatti che sono, come saprete benissimo, manipolati e alterati nel corso di queste dirette, e anche dei diritti alla dignità personale e alla riservatezza. Tutto ciò, ovviamente, determina un ulteriore vulnus a diritti e a libertà fondamentali, primo fra tutti quello del diritto all’informazione e alla conoscenza come condizione essenziale per l’esercizio di una cittadinanza democratica.

Alla luce di quanto osservato, reiteriamo dunque la richiesta di un intervento sostanziale da parte delle S.S.V.V. al fine di ristabilire il rispetto della Norma formale e materiale. Quel che riteniamo da un lato un atto dovuto rispetto al dileggio sistematico di principi giuridici e democratici elementari, di una gestione del rischio improntata a criteri di scientificità e di una corretta comunicazione del rischio. E, dall’altro, un gesto che tenga in debita considerazione le istanze di una società civile forse meno rumorosa di altre componenti cittadine, ma che ha certamente lo stesso diritto di queste ultime a essere tenuta in considerazione e a non vedere incrinato il proprio rapporto fiduciario con quelle istituzione repubblicane che, in effetti, non hanno dato sinora prova di tenere in gran conto le plateali violazioni che le hanno investite.”