Torna in carcere la ‘Mantide religiosa’ nissena. È stata arrestata dalla polizia, a Gela, Maria Rosa Di Dio, 61 anni, che deve scontare ancora sette anni di reclusione di una condanna a 22 anni per omicidio aggravato e concorso in detenzione di sostanze stupefacenti aggravato dal metodo mafioso. Era stata scarcerata in piena emergenza Covid-19 per motivi di salute.

Maria Rosa Di Dio, di Gela, nel giugno ’92, in piena guerra di mafia, attirò in una trappola mortale il presunto “stiddaro” Agostino Reina con la falsa promessa di una notte d’amore in un casolare di Passo di Piazza. L’uomo, condannato a morte dalla famiglia Emmanuello di Cosa nostra trovò invece i suoi carnefici che lo uccisero e ne bruciarono il corpo, sotterrandolo parzialmente nelle campagne di contrada Biviere. Il cadavere fu scoperto, ma risultò impossibile la sua identificazione.

Nel 2010, dopo 18 anni di indagini, e grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, gli inquirenti hanno potuto fare luce su quel caso di lupara bianca, riuscendo a dare un nome a quella vittima attraverso l’esame del Dna. Nei confronti della ‘Mantide religiosa’ nissena agenti del Commissariato di Gela hanno eseguito un provvedimento della Procura Generale di Caltanissetta che ha revocato la richiesta di ammissione provvisoria alla detenzione domiciliare. Maria Rosa Di Dio era detenuta nel carcere Vigevano di Pavia.

Lo scorso 20 aprile, in piena emergenza Covid-19, era stata ammessa alla detenzione domiciliare, in differimento dell’esecuzione della pena, con ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Pavia, per motivi di salute. Dopo le formalità di rito, la Di Dio è stata condotta nella casa circondariale di Messina.