Si trovavano a Malta Massimiliano Rossitto, 47 anni, con precedenti penali, e una donna, A.R., 41 anni, incensurata, sfuggiti la settimana scorsa all’operazione San Paolo su mafia, droga ed usura, tra Floridia e Solarino, nel Siracusano, conclusa con 24 misure cautelari, di cui 19 in carcere e 5 ai domiciliari. Gli indagati, nella tesi della Dda di Catania, farebbero parte del clan Aparo, guidato dal boss Antonino Aparo, rinchiuso nel carcere di Opera, a Milano, che  avrebbe dato le chiavi della cosca a Giuseppe e Massimo Calafiore

Rossitto e la donna, non appena hanno fatto rientro in Sicilia, sono stati bloccati dai carabinieri: l’uomo è finito in carcere, la donna ai domiciliari. I militari, coordinati dai magistrati della Procura distrettuale antimafia di Catania, erano riusciti a localizzare il posto in cui i due si trovavano e la loro cattura era questione di tempo. Secondo quanto emerso nell’inchiesta, gli indagati avrebbero avuto un ruolo nella gestione del traffico di droga. A fornire gli stupefacenti al gruppo sarebbero stati i catanesi, Salvatore Mazzaglia e Victor Andrea Mangano, legati, secondo la Dda di Catania, al clan etneo dei Santapaola Ercolano, gruppo di Nicolosi-Mascalucia. La sostanza stupefacente veniva poi rivenduta a numerosi acquirenti di Floridia alimentando lo spaccio al dettaglio tra Floridia e Solarino. “Dall’associazione dei Calafiore si rifornivano anche spacciatori indipendenti come Andrea Occhipinti, Paolo Nastasi e Antonio Amato e Massimo Privitera, tutti operanti a Floridia”. Una delle piazze di spaccio più importanti era quella di via Fava che, in poco meno di 4 mesi, dai calcoli dei carabinieri, avrebbe fruttato circa 350 mila euro.

Frattanto, il tribunale di Siracusa ha rimesso in libertà Antonia Valenti, 74 anni, pensionata, incensurata, coinvolta nell’operazione antimafia denominata San Paolo (24 misure cautelari, di cui 19 in carcere e 5 ai domiciliari)  su un traffico di droga ed usura gestito dal clan Aparo, che opera tra Floridia e Solarino, nel Siracusano. La donna, difesa dall’avvocato Franca Auteri, è accusata dai carabinieri e dai magistrati della Procura distrettuale di Catania, di aver avuto un ruolo nella gestione dell’usura, sotto il controllo del figlio, Giuseppe Calafiore, 53 anni.

Secondo l’accusa,  la donna avrebbe custodito gli appunti del figlio che contenevano  nomi, ammontare delle rate, date dei pagamenti, oltre ai prestiti concessi da Calafiore a titolo personale, senza il coinvolgimento del clan Aparo.  La madre, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ha chiarito la sua posizione, ricostruendo alcuni fatti e così il giudice, accogliendo l’istanza del suo legale, l’ha rimessa in libertà.

Le vittime, secondo i carabinieri, pagavano con bonifici bancari o trasferimenti monetari su Postepay, oltre che con il classico metodo del trattenimento di assegni dati in garanzia per l’ammontare del prestito. In caso di inadempimento, i Calafiore procedevano ad impossessarsi di autovetture, beni immobili e esercizi commerciali delle vittime, gettandole letteralmente sul lastrico. Per la gestione dell’usura, Giuseppe Calafiore, oltre che della madre, si sarebbe servito della compagna, Clarissa Burgio, inizialmente vittima di usura da parte dello stesso Calafiore che le avrebbe affidato tutto dopo il suo arresto per droga.