“I distanziatori sono stati rimossi. Per fortuna”. Lo scrive sulla sua pagina ufficiale il sindaco di Palermo Leoluca Orlando che interviene sulla polemica relativa al montaggio di ‘braccioli’ sulla panchine di piazza XIII vittime a Palermo. Braccioli il cui scopo doveva essere rendere le panchine oggettivamente inutilizzabili dai clochard.

Ma l’iniziativa di una associazione era stata sposata dall’amministrazione e i lavori effettuati da personale comunale.”È stato sicuramente un errore montarli. Un errore tecnico – dice adesso il sindaco – anche se involontario, ma soprattutto un errore etico per quello che rappresentano e che questa amministrazione rinnega con forza. E, comunque, non sono la risposta al problema. Certamente esistono le persone senza dimora in questa città e sono una presenza costante che ci ricorda come esiste la povertà e che va combattuta attivando tutte le misure di inclusione possibile. E ci ricordano che esiste anche la libertà di scegliere di vivere senza un tetto, di scegliere di non accettare l’ospitalità dei numerosi dormitori comunali. La società tende a nascondere i senza dimora, li vogliamo spostare, li vogliamo mettere in luoghi dove non ci accorgiamo quasi mai di loro”.

In premessa il sindaco, o chi per lui, chiedeva ai ‘commentatori seriali’ di leggere per intero il post prima di prendere posizione. Il risultato, però, non è stato dei migliori. Una pioggia di critiche roventi ad eccezione di qualche sparuto attacco indirizzato invece ai commentatori.
“La motivazione ufficiale che viene data parla sempre della loro tutela e della loro dignità, – continua Orlando imperterrito – ma le premesse parlano di “disturbo”, di “salotto buono”, di “villetta dove far giocare i nostri bambini”, di “decoro”. Non mancano ovviamente gli attacchi “a chi dovrebbe occuparsene e non lo fa oppure lo fa male”. Sono tante le lettere in questi anni, tutte uguali: lettere in cui in nome di “decoro” e “dignità” si chiede semplicemente di togliere i poveri dal portone o dalla villa sotto casa. Vadano dove vadano, purché non qui. Noi crediamo che non può esserci e non deve esserci una guerra fra decoro e solidarietà, fra decoro e rispetto delle scelte di vita dei singoli”.”Serve trovare soluzioni condivise – dice ancora il sindaco – che mettano insieme le cose nel rispetto delle persone. Serve che Comitati di cittadini, singoli cittadini, associazioni di volontariato, Amministrazione, insieme trovino le soluzioni e le portino avanti. Nel rispetto di tutte le posizioni. su questo tema le contrapposizioni, le guerre non servono a nessuno e fanno perdere tutti. Che la questione si stia affrontando in questi giorni in cui anche la Missione Speranza e Carità è in difficoltà forse è segno complessivo che non possiamo nascondere i poveri, i disperati, gli ultimi. La missione fa un lavoro insostituibile, che nessun altro è in grado di fare. Ma alla città è servita per nascondere i poveri dalle strade, per toglierli dai “salotti della città”, da Mondello d’estate o dalle villette pubbliche.
Ma se Missione, Speranza e Carità non sono parole vuote, non basta fare una donazione, portare i nostri vestiti usati, i passeggini non più utilizzati per sostenere la Missione di Biagio Conte. Serve mettere al centro i concetti e il vissuto di Missione, di Speranza e di Carità; serve mettere al centro le persone, la loro dignità, la loro libertà, le nostre relazioni”. Non possiamo perdere, né tanto meno usare come scudo, la carica carismatica e profetica della Missione e di Fratello Biagio”.”Il virus ha reso più povero chi era già povero. Ha colpito e reso indifeso chi era già in difficoltà, chi non può essere tutelato, chi non ha una residenza o un documento di identità. All’inizio di questa esperienza amministrativa, ormai 8 anni fa, non esisteva un servizio pubblico per le persone senza dimora; esisteva un unico piccolo dormitorio. Non esistevano assistenti sociali che si occupassero delle persone fragili che vivono per strada. L’amministrazione delegava alla Caritas, al Volontariato e alla Missione di Biagio Conte tutti questi ruoli”.Ma Orlando non perde occasione per farsi da solo i complimenti per il lavoro fatto “Il lavoro fatto in questi anni, che rivendichiamo con forza come un nostro lavoro di squadra ed un nostro lavoro di Amministratori pubblici, ha portato ad avere in questo momento 5 centri di accoglienza pubblici (non dormitori aperti solo la notte ma aperti H24), a dare le sedi pubbliche ad altri 2 dormitori, ad avere unità di strada presenti tutte le sere ed una di queste specialistica. Ma soprattutto c’è una unità operativa specifica per la presa in carico di tutti e di ciascuna persona che vive in strada per scelta o per necessità. È sufficiente? NO. Serve uno sforzo maggiore. Una attenzione maggiore. Per questo lavoriamo tutti i giorni. Ma solo insieme troviamo risposte. Solo insieme costruiamo percorsi. Solo insieme aiuteremo a sostenere ed accompagnare le persone senza dimora”.

“Non bastano gli appelli e le prese di posizione formali – conclude – Serve stare nelle strade, capire il fenomeno e soprattutto ascoltare le persone. Perché ogni storia è diversa con problemi diversi: la povertà, il disagio psichico, l’alcolismo, l’uso di stupefacenti, l’incapacità relazionale, la paura, l’esclusione, lo sfruttamento. “Questo incidente dei dissuasori e gli appelli che ne sono scaturiti sono stati occasione per un ulteriore momento di confronto, segno di di vitalità, di attenzione, di umanità che lasciano sperare per un lavoro comune”.