Le Regioni dicono no al Dpcm Conte e lo fanno chiedendo un ripensamento anche alla luce delle proteste diffuse. Qualcuno applica proprie leggi locali per modificare gli orari, altri cercano una mediazione, ma tutte o quasi sono contrarie.

E La Sicilia tenta la strada della mediazione ma non esclude di andare oltre “Stasera ho riunito il governo regionale per proporre a Roma una deroga per la Sicilia, in settori come quello dei Beni culturali, quindi teatri, cinema, musei, e dei ristoranti. Quando il dato epidemiologico ci metterà in condizioni di non poter consentire queste attività saremmo i primi a chiudere, ma per adesso perché farlo” ha detto  il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci intervenendo in Rai stasera a Tg2 Post.

Una sorta di via mediana fra  lo scontro al quale Musumeci veniva invitato da più parti e la semplice accettazione di un decreto criticato e non condiviso dalle autonomie locali.

“Io sono sempre stato chiaro – dice Musumeci – e lo sono stati anche i miei colleghi governatori: i presidenti di Regione devono adottare misure in base al dato epidemiologico del loro territorio. Il Dpcm ci lascia perplessi per quanto riguarda la chiusura alle 18 di ristoranti, bar, pizzerie. Determina situazioni penalizzanti”.

Musumeci rivendica una situazione epidemiologica molto diversa da quella lombarda o Campana e chiede rispetto per le differenze regionali  sostenendo ciò che ha sempre detto ovvero che i territori sono diversi ed hanno diverse esigenze “La realtà della Sicilia in questo momento non è come quella di alcune regioni del nord – aggiunge il governatore – Perché allora se in questo momento è possibile far lavorare alcune categorie non lo si deve fare? Stare in un teatro o in un cinema a tre posti di distanza è una cosa che si può fare. Così come è più sicuro sedersi a tavoli
distanziati di un metro piuttosto che stare in piedi ad aspettare cibo da asporto”.

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